La vittoria della Vita sulla Morte esige l'ascesi più alta
del volere umano. Tuttavia, si può praticare Io yoga più
rigoroso, possedere le tecniche segrete del Tantrismo, essere
partecipi di catene occidentali operanti secondo canoni ritualmente
ineccepibili, conoscere le più sottili distinzioni del
<< tradizionale » dal non-tradizionale: tutto ciò serve ben
poco allo sperimentatore di questo tempo, se egli non
avverte che il pensiero da cui muove, e mediante il quale
comunque regola se stesso e fa le sue scelte interiori, è
un germe di Morte, perché non è il vero pensiero, ma il
riflesso di una luce originaria che non gli è cosciente e alla
quale egli cerebralmente, cioè mineralmente, si oppone,
annientandone ogni volta la vita. Tale riflesso, come processo
dialettico, dipende in gran parte dall'organo cerebrale,
che normalmente, come uno specchio deformante, lo altera,
asservendolo ad influssi ascendenti dalla natura corporea.
Un tale pensiero riflesso gli può concedere tutte le soddisfazioni
dialettiche e persino esoteriche, ma non lo lascia
uscire dal limite umano, soggettivo, istintivo, entro il quale
la Morte insidia la Vita: il germe della Resurrezione rimane
sconosciuto. Intendiamo mostrare come questo germe sia all'origine
del pensare, operi nel momento pre-cerebrale del pensiero,
ma il moderno razionalista lo ignori, anzi lo contraddica
con il suo normale pensiero riflesso. Un tale pensiero riflesso
può anche apparire sagace e raffinatamente filologico nell'identificazione
del << tradizionale», severo nella sua tensione
critica, fedelmente echeggiante lo stile dei maestri
della Tradizione: può mettere a posto tutti, dando a ciascuno
la lezione che merita riguardo al suo allineamento, e
tuttavia non afferrare la benché minima particella del Sovra'
sensibile in nome del quale parla. Il riflesso, in realtà, è
l'opposto della Luce. L'arte del cercatore di questo tempo
è di risalire dal riflesso alla Luce, dal pensiero morto al
vivente. Ma si tratta di un'autentica operazione di Resurrezione,
cui deve precedere una realistica esperienza di morte
del pensiero.
Brano di Scaligero, tratto dal libro Kundalini D'Occidente