Admin Admin
Messaggi : 1827 Data d'iscrizione : 02.03.11 Età : 55
| Titolo: Riflessioni sull'Amore - Enzo Nastati Ven Ott 04, 2013 12:42 pm | |
| Da un lavoro di Enzo Nastati
Riflessioni sull'Amore
Come le parole nascondono segreti profondi
Probabilmente tutti noi vediamo (o dovremmo vedere) nell'amore, nell'amare, nella capacità di amare, la meta più nobile dell'uomo. Tutti noi però siamo coscienti che questa meta ci appare spesso lontana, molto lontana e questo è quanto maggiormente riusciamo a cogliere l'essenza di ciò che l'amore è.
Cosa significa la parola amore
Un modo per sviluppare sempre di più la coscienza di ciò che l'amore è, lo possiamo trovare nel significato della parola amore. Nella nostra lingua questa parola manifesta subito due caratteristiche. La prima la ritroviamo nel fatto che essa può essere letta come a-more, ossia senza (a- privativo) leggi (le more). Infatti un atto di amore può definirsi tale solamente quando è compiuto in totale libertà, ossia senza alcuna costrizione di alcun tipo, quindi senza alcuna "legge"(giuridica, consuetudinaria, morale) interiore o esteriore che ci obblighi a compierlo. In questo senso si comprende come la Libertà e l'Amore siano come due facce della stessa medaglia in quanto un uomo è veramente libero solo quando ama. Il secondo aspetto lo ritroviamo nella sua lettura come a-mors, ossia solo attraverso l'amore possiamo raggiungere la nostra meta più alta: vincere la morte e tornare alla Casa del Padre. Sviluppati così (seppur brevemente) questi pensieri, possiamo allargarci a come altre culture caratterizzino il concetto di amore.
La parola amore nella cultura ebraica
Inizieremo da quella ebraica dato che il cristianesimo si inserisce in quella tradizione. In ebraico amore si dice Imitar. Proviamo a pronunciarlo: hahav... esso fluisce dalla nostra bocca come un respiro, un alitare, e questo "amore-alitare" è lo stesso verbo che troviamo nella Genesi quando Dio "alitò" nelle narici di Adamo la Sua prerogativa più alta: la Vita. Possiamo quindi cogliere questo "primo" atto d'amore di cui ci giunge notizia: l'alitare la Vita nell'uomo affinchè ne divenisse un portatore, portatore di Vita che contemporaneamente è Amore, quindi portatore di Amore spirituale in quanto proveniente da Dio. Possiamo quindi ora formulare meglio questo primo pensiero: amare significa (per la cultura ebraica) alitare, donare la Vita per il bene dell'altro. E cosa ha fatto il Cristo per noi se non proprio questo? E' grazie al Suo dono sacrificale della Vita che noi oggi possiamo risalire al Padre, Padre dal quale ci siamo allontanati avendo soggiaciuto alla tentazione luciferica.
L'amore quindi ci viene da Dio, non è una facoltà umana, noi uomini lo possiamo solamente "ritornare" al Padre e così ne diventiamo portatori sempre più "abili" e coscienti fintante che esso diventa una facoltà spirituale acquisita.
Come si può procedere in ciò?
Penso che solamente quando comprendiamo l'immensità dell'Amore di Dio per noi, solo quando iniziarne a comprendere l'immensità del dono del sacrificio del Golgotha possiamo iniziare ad amare e Gesù in croce ha fatto proprio questo: ha dato la Sua Vita per tutti noi, ha esalato (possiamo dire anche "espirato-alitato"?) il Suo Spirito per ritornare la Padre quell'Amore di cui anch'Egli, come vero uomo, era portatore. Vediamo come l'evento viene descritto nei Vangeli: "Ma il Gesù di nuovo gridando ci gran voce, lasciò andare lo spirito. Ed ecco il velo del tempio fu scisso in due dalla sommità fino in basso e la terra fu scossa e le pietre furono spezzate... (Mt 27,5()-51); "Ma il Gesù, lasciata andare una gran voce, espirò". (Me 15,37); "E vociando a gran voce il Gesù proferì: "Padre, a tue mani consegno il mio spirito" E proferendo questo espirò". (Le 23,46); "Come dunque prese l'aceto, il Gesù pròferi: "È compiuto". E, inclinando il capo, consegnò lo spirito" (Gv 19,30). Che dire di più: Gesù sulla croce esala per noi, quale archetipo per tutta l'umanità, quello Spirito di Amore-Vita di cui era portatore.
La parola amore nella cultura greca
Vediamo ora come la cultura greca, cultura per così dire "parallela" ma con caratteri profondamente diversi ha dato veste al concetto di amore. Infatti compito della cultura ebraica era il rapporto con il divino attraverso il profetismo, compito della cultura greca era di raggiungere la stessa meta attraverso la conoscenza, la filosofia. I greci avevano individuato tre aspetti-concetti dell'amore che denominavano: erao, fìleo, ugapeo. Vediamoli insieme. Erao rappresenta l'amore sensuale, istintuale, il più basso. Da questo termine deriva eros e ciò non richiede altri commenti. Fileo rappresentava invece l'amore di "amicizia", la predisposizione positiva verso una persona o situazione (anche verso la sapienza cosmica, la Sofia cosmica attraverso la fìlo-sophia). Questo è il tipico amore familiare, l'amore tra consanguinei, l'amore che vi è tra amici profondi.
Agapeo indicava invece l'amore spirituale, l'amore verso lo Spinto ed anche tra persone che si sono già liberate da eros e fìleo. Ma questo concetto merita un maggior approfondimento.
La parola agapeo è composta da tre parole: aga che significa
Gesù, immagine dell'amore spirituale
"molto", da apo che significa un "moto che si sposta da un punto all'altro, da una persona ad un'altra", ed infine si compone di ao termine che indica una situazione. Ecco quindi il suo profondo significato: un "molto" che si muove da un essere ad un altro e crea-provoca una situazione nuova, quindi l'aver molto da dare e conseguentemente creare uno stato completamente nuovo nell'altro.
La risalita
Possiamo ora porci la domanda di come si possa sviluppare la forza dell'agapeo in noi. La mia opinione è che si possa sviluppare questa forza attraverso l'offrire al Cristo i dolori, le pene, le gioie che la vita ci offre. Come sviluppato nell'articolo che segue i dolori della vita per noi sono "male" ma il "male" Può agire su di noi nella misura che il Padre glielo consente, quindi se noi non lasciamo che il male dilaghi in noi stessi rattrappendoci e indurendoci l'anima e il cuore, ma "offriamo" al Cristo questo stato d'animo, ecco che allora, istantaneamente questo "male" diventa il ponte tramite il quale ci colleghiamo al Padre e quindi al Suo Amore.
Il Divin amore
Che altro dire di più? Se riflettiamo ora sul fatto che la "logica" del mondo spirituale è la logica del 3+1, possiamo trovare un "quarto" amore che in sé racchiuda trasportando ad un livello ancora superiore i tre già visti? Certamente sì, e la risposta la ritroviamo del cosiddetto "Divin amore". Noi in realtà eravamo già collegati al Divin amore, solo che questo collegamento avveniva in forma non pienamente cosciente e quindi non libera. Ciò avveniva nel Paradiso terrestre fino a quando Adamo ed Èva agivano secondo gli ordini divini e così la Vita divina, frutto del Volere divino, scorreva attraverso loro. Soggiacendo alla tentazione Adamo ed Eva (e quindi l'umanità) uscirono dalla Volontà del Padre, e quindi dalla condizione di Figli di Dio, e dal Divin amore.
L'umanità è dunque chiamata a fare ritorno al Padre, alla condizione paradisiaca, a seguire nuovamente e liberamente la Sua Volontà, i Suoi ordini, ossia l'ordine che regnava nel Paradiso terrestre, e quindi a ritornare alla Vita Spirituale eterna. Tornare quindi all'Amore Divino portando come frutto dell'esperienza terrena la Libertà e l'Amore Incondizionato, e questo per rinuncia libera e cosciente della nostra volontà individuale, scegliendo di seguire la Sua.
Enzo Nastati | |
|