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     Specchio delle mie brame - di Gian Piero Abbate

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    MessaggioTitolo: Specchio delle mie brame - di Gian Piero Abbate   Specchio delle mie brame - di Gian Piero Abbate Icon_minitimeMer Ago 21, 2013 5:17 am

    Specchio delle mie brame - di Gian Piero Abbate 310-Donati-Gianluca-Lo-Specchio1


    Specchio delle mie brame - di Gian Piero Abbate


    Non mi ricordo quando è stata la prima volta che mi sono visto allo specchio, ma tuttora provo una grande emozione quando vedo la mia immagine riflessa in modo inaspettato. Specchiarsi tocca la mente ed anche il cuore. Però se entriamo dentro il fenomeno, osserviamo che lo specchio ci restituisce l’opposto, nel senso che la percezione ci fa vedere a destra ciò che è a sinistra.

    Quindi lo specchio obbedisce alla logica del più e del meno, cioè degli opposti.

    È la logica dei numeri positivi e negativi, separati dallo zero, che in questo esempio rappresenta il non specchiarsi.

    Con Biancaneve, da bambini, scopriamo che lo specchio ci può parlare, dicendo la verità. Questa favola è ancora molto attuale. “Specchio specchio delle mie brame, dimmi chi è la più bella del reame” dice la strega, che però ottiene la risposta non desiderata, perché è quella vera.

    Però la verità ci può fare paura, perché spesso rivela l’esoterico. Nel senso che se ci poniamo davanti ad uno specchio e ci guardiamo infondo agli occhi, possiamo trovare una via per raggiungere la nostra anima, cioè la parte nascosta di noi. Ma non è detto che questa parte ci piaccia così tanto, e poi questo specchio parlante, quant’è importunente. Forse per questo nell’iconografia spesso lo specchio è la raffigurazione delle superbia di Satana. Quindi mettiamo a tacere lo specchio e lo usiamo solo come strumento, giusto per truccarsi o pettinarsi.

    Quanti di noi hanno usato regolarmente lo specchio per guardarsi dentro?

    Però c’è un’altra esperienza che possiamo aver fatto nella vita: specchiarsi in un lago o in uno specchio d’acqua. Di solito avviene per caso e ci coglie di sorpresa.

    All’inizio non percepiamo una netta differenza rispetto alla situazione precedente,

    ma ancora una volta, entrando nel meccanismo, ci accorgiamo che questo è diverso, non ci restituisce l’opposto, come prima, ma l’inverso, l’inversamente eguale.

    Specchiandoci nell’acqua, la destra resta destra, ma il verso verticale è cambiato: ciò che va verso l’alto, nell’immagine specchiata va verso il basso.

    Non solo, mentre guardandosi allo specchio la grandezza delle cose restava apparentemente la stessa, qui l’immagine riflessa, se ci fate caso, risulta molto più piccola dell’originale.

    Questa esperienza “rispecchia” la situazione attuale di coloro che hanno avuto la forza di guardarsi allo specchio, scoprire tutto se stessi, ed andare oltre.

    Nel senso che la logica è cambiata, non è più quella della contrapposizione degli opposti, ma è diventata una logica dove tutto resta positivo, tutto resta eguale, solo che l’immagine riflessa è percepita più piccola e anche orientata in senso inverso.

    Pensiamo a una montagna che si riflette in un lago alpino.

    Riflettere su questo specchiarsi nell’acqua ci aiuta in questo passaggio, perché la logica degl’inversi è la novità di questo momento storico.

    Il fenomeno apparente, perché è legato ai nostri meccanismi di percezione visiva, è che l’immagine riflessa nel lago abbia sempre la stessa altezza, che per comodità diremo grande 1.

    Allora se la montagna che si rispecchia è alta 10 e il suo riflesso è 1, allora la proporzione è 1/10, cioè 0,1. Ma se la montagna fosse alta 100, essendo il suo riflesso sempre percepito come 1, la proporzione diventerebbe 1/100, cioè 0,01.

    In pratica questo meccanismo “comprime” l’immagine riflessa.

    Così anche nell’attuale logica del bene e del male: più il bene cresce, più il male viene compresso, se il bene passa da 10 a 100, il male passa da un decimo a un centesimo.

    Purtroppo ancora molti sono attaccati alla logica degli opposti, che prevedeva una crescita paritetica di bene e male, per mantenere l’equilibrio del punto zero.

    Invece in questa nuova visione l’equilibrio è nell’unità, e gli opposti diventano inversi, cioè opposti solo nel “verso delle cose”, e sono “inversamente eguali” per la loro natura, ma non per la loro potenza.

    Che il bene vada in verso opposto del male, e viceversa, è innegabile. Né il mio invito può essere quello di ricercare il male, perché noi siamo nati per cercare il bene.

    Voglio solo sottolineare che queste due categorie mentali non sono sempre così contrapposte come spesso crediamo.

    Chi è entrato in questa logica ha sperimentato cosa significhi l’espansione verso l’infinito, avendo la consapevolezza del tutto.

    E per fare questo ha dovuto fare un “viaggio verso gl’inferi”, cioè la parte più recondita di noi stessi, nella quale spesso nascondiamo tutto il male che abbiamo fatto, perché non ci piace vedere questo aspetto di noi stessi. Ed invece dobbiamo capire che se possiamo amare gli altri e soprattutto comprenderli, è proprio grazie agli errori che abbiamo commesso. Come possiamo curare un malato e aiutarlo a guarire se prima non ci siamo ammalati e poi guariti della stessa malattia.

    C’è una grande differenza tra i teorici, che hanno capito con la mente, e coloro che sono veramente passati attraverso la sofferenza del peccato, e per questo sanno amare in modo incondizionato, perché prima si sono perdonati, e ora sanno perdonare.

    “Per-dono”, cioè gratuitamente.

    Però in questo nuovo meccanismo, se riferito a noi stessi e alla nostra crescita spirituale, c’è l’insidia di Narciso.

    Non è detto che Narciso fosse poi così bello, ma era innamorato di se stesso.

    È da notare che nel mito di Narciso, questo viene punito perché rifiuta l’amore di ragazzi del suo stesso sesso, cosa moralmente possibile nell’antica Grecia, ma che deve comunque avere un significato. L’origine del rifiuto è la superbia di Narciso, che s’innamora della sua immagine riflessa nell’acqua.

    Questo mito è importante oggi, perché il passaggio in atto ruota attorno alle energie maschili, che devono lasciare il posto a quelle femminili. È quello che Narciso non fa, rimanendo vittima della propria mente senza aprire il proprio cuore all’amore, al punto d’indurre al suicidio un suo spasimante, che ovviamente nel mito rappresenta lui stesso e la sua incapacità di amarsi. Ecco perché nel mito si considera solo rapporti tra maschi: Narciso s’innamora della sua immagine maschile, così come la morte della sua parte maschile lo porterà alla perdizione.

    Quindi nel cambiamento di prospettiva che ci porta a rispecchiarsi nell’acqua non dobbiamo cadere vittime della nostra componente maschile, che ci potrebbe indurre alla superbia e alla contemplazione della nostra grandezza, ma dobbiamo attivare l’amore e la compassione che nascono dal cuore, cioè dalla nostra parte femminile.

    È importante avere la consapevolezza che l’obiettivo dell’essere uno con tutto e con tutti non si può raggiungere senza un perfetto equilibrio tra amore e giustizia, cioè tra le nostre componenti femminile e maschile.

    Ad esempio, non c’è nessuno che ci vuole male, e non perché il male non esiste, ma perché se ci siamo attirati un’esperienza apparentemente negativa, questa è funzionale al nostro bene.

    Le tentazioni esistono, ma ricordiamoci che chi porta Gesù ad essere tentato nel deserto è lo Spirito Santo, come a dire che Angeli e Demoni obbediscono tutti allo stesso Dio e operano tutti nello stesso progetto. Il libro di Giobbe lo dimostra.

    In questo grande gioco a guardie e ladri che si chiama Vita, non possiamo tutti fare le guardie, altrimenti il gioco si ferma; ciascuno di noi è guardia o ladro, a seconda degli eventi e delle fasi del gioco, anche durante la stessa vita.

    L’importante non è se in questa fase sono guardia o ladro, l’importante è non andare oltre le regole del gioco, perché questo gioco prevede anche un arbitro.

    Chi opera per conto proprio, nella superbia (la cui etimologia non è certa, ma per me è “super – bios”, al di sopra della Vita) di credersi un super-ladro o una super-guardia, è andato oltre le regole, e ne pagherà le conseguenze.

    Da notare questo concetto di peccato. Un rabbino disse che peccare significa sbagliare la mira. Aveva ragione. Però dobbiamo tutti modificare i nostri schemi mentali preconcetti, sviluppati in milioni di anni di evoluzione basata sulla logica degli opposti, anzi della guerra tra opposti.

    Un esempio per tutti. L’Apocalisse dice che sono destinati a seconda morte, cioè a sparire dalla creazione, un insieme di persone connotate da questi attributi: “AP 21:8 Ma per i vili e gl'increduli, gli abietti e gli omicidi, gl'immorali, i fattucchieri, gli idolatri e per tutti i mentitori è riservato lo stagno ardente di fuoco e di zolfo. È questa la seconda morte.”

    Osserviamo bene queste categorie, perché l’insidia si nasconde nelle nostre abitudini interpretative. Siccome questi sono destinati alla morte spirituale, allora questi sono i “cattivi”, anzi i “super-cattivi”. Questo è giusto, ma è una visione parziale, perché anche i “super-buoni” vanno incontro alla stessa morte.

    Esempio nell’esempio: ci si può dedicare totalmente agli altri, però ponendo se stessi come centro dell’attenzione e “divinità” da adorare. Quanti falsi profeti o capi di comunità o filantropi lo fanno. Loro sono convinti che lo fanno per fin di bene, e siccome il bene è il fine, allora tutto è giustificato, ma in questo modo si cade in un colpo solo in tante delle suddette categorie, dagl’increduli ai mentitori.

    Non è la logica del bene o del male che ci può portare alla salvezza nostra ed altrui, ma la logica dell’essere uno con tutto e con tutti.

    Se andiamo oltre le regole, per fare il male o il bene, non importa, dovremo subire le conseguenze del nostro operato, perché la legge di “causa-effetto” opera sempre.

    Ma siccome la misericordia dell’arbitro è infinita, anche in questo caso le conseguenze saranno quelle giuste per aiutare chi ha sbagliato a rimettersi dentro le regole del gioco.

    Ancora una volta con Amore e Giustizia.

    Pordenone, 01/10/10
    Articolo prelevato grazie a sua gentile concessione
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