Dall’alchimia all’omeopatia
Una dozzina di anni fa, quando ho iniziato ad occuparmi di omeopatia in modo sistematico, mi sono imbattuto in una frase di Rudolf Steiner estremamente emblematica, essa diceva: ”l’omeopatia è la moderna forma dell’alchimia”. Dato che vivevo con un sentimento di frustrazione angosciante la situazione in cui si trovava tutta l’agricoltura biologica – e soprattutto la biodinamica – dinanzi al problema sempre più incalzante delle parassitosi e degli inquinamenti (il disastro di Chernobyl era ancora fresco di memoria), mi sono deciso ad affrontare lo studio dell’omeopatia nell’ottica della frase citata.
Ho così scoperto che l’omeopatia è una metodica terapeutica che affonda le sue origini nella medicina greca ed egizia. Per uno strano destino essa è stata culturalmente sopraffatta dalla ben più famosa alchimia della quale ci sono stati tramandati due aspetti: quello speculativo e quello pratico.
L’alchimia speculativa si proponeva una ben determinata meta: l’evoluzione dell’uomo da essere biologico-naturale a essere spirituale ed utilizzava la terminologia planetaria-immaginifica (con i relativi simboli) al fine di indicare la strada interiore che il discepolo doveva percorrere.
L’alchimia pratica cercava invece di trasferire nell’azione esteriore i risultati della trasformazione interiore, come dire: realizzare anche in natura ciò che si era riusciti a realizzare interiormente nel lavoro di purificazione, sublimazione, trasformazione. Da qui il famoso obiettivo simbolico di trasformare il piombo in oro.
L’alchimia cinese, indiana, araba, europea ci hanno lasciato come ricordo e vestigia templi (tra di essi risplendono le cattedrali gotiche), manufatti (ad es. la ceramica), alimenti (ad es. la birra) ed una infinità di medicinali.
Il destino ha poi voluto che anche sull’alchimia si stendesse un velo di misconoscimento ed abbandono, ciò soprattutto ad opera della nascente scienza chimica, la quale può ben definirsi la tomba del sapere “chimico”, in quanto l’alchimia non è da intendersi come una “chimica grezza” ma anzi al contrario, la chimica deve intendersi come un decadimento, un’imbarbarimento dell’alchimia.
Con l’irrompere dell’età dei “lumi”, dell’alchimia non restò praticamente più nulla (tranne i soliti ciarlatani) e si deve al medico tedesco Samuel Hanhemann la “riscoperta” dell’omeopatia, metodica molto più vicina al pensiero logico-razionale dominante.
La pratica da lui codificata prevede di individuare una sostanza che, somministrata ad una persona sana, induce in essa lo stesso quadro clinico di una specifica patologia. Secondo il principio che “il simile cura il simile”, somministrando detta sostanza al malato essa induceva un processo salutare attraverso la stimolazione delle forze di guarigione.
Facciamo un esempio. Il chinino, somministrato in dose ponderale, induce una condizione di febbre altalenante come nel caso di affezione malarica. Da questa osservazione si deduce che il chinino, somministrato in piccola dose ad un malato di malaria, stimola in lui il processo di guarigione.
Individuate così le sostanze, queste vengono diluite nella proporzione di 1 a 100 e dinamizzate mediante un particolare movimento denominato “succussione”. Così operando, il messaggio portato dalla sostanza “simile” si trasferisce all’acqua che poi la trasmetterà all’organismo malato.
L’omeopatia steineriana
Rudolf Steiner si è molto profuso per un rinnovamento della medicina ed ha dato molte indicazioni anche per rinnovare
l’omeopatia. In particolare a lui si deve l’indicazione di non superare la 30a diluizione, altrimenti si andrebbe ad interagire con i corpi superiori dell’uomo e quindi a provocare degli squilibri che si manifesteranno nel corso degli anni seguenti.
Un’altra indicazione dello Steiner riguarda l’utilizzo delle potenze decimali (diluizione 1 a 10) rispetto alle centesimali hanhemaniane.
La terza indicazione caratterizzante l’omeopatia steineriana riguarda la differenziazione dei tempi di succussione: 2’30” per i rimedi di origine minerale e 3’ 30” per quelli di origine vegetale.
Inoltre lo Steiner afferma che nel processo di elevazione di potenza il prodotto attraversa tre fasi che si possono indicare come metabolica, ritmica e organizzativa.
Infine ricordiamo come lo Steiner raccomandasse ai medici, al fine di stabilire un profondo rapporto di fiducia, di allestire personalmente i farmaci per i propri pazienti e quindi di portarli di persona a casa del malato.
L’omeopatia proposta da EUREKA
Da parte nostra ci siamo trovati di fronte a delle difficoltà particolari in quanto si voleva operare sulle piante e sui terreni e quindi su regni molto inferiori, come coscienza, a quello umano. In altre parole la capacità di risposta era inferiore e quindi la metodologia di allestimento dei prodotti doveva essere modificata.
Per prima cosa abbiamo dovuto scegliere le potenze centesimali, in quanto agiscono richiamando le forze vitali libere, mentre le decimali agiscono potenziando quelle interne al soggetto ammalato.
Come seconda cosa abbiamo scelto potenze molto basse: dalla 4a alla 6a, in quanto da noi ritenute adeguate per agire sul minerale e sul vegetale.
Un terzo fattore su cui siamo intervenuti è la variabile spazio-temporale nella quale si attua il processo di potentizzazione. In altre parole abbiamo individuato diverse qualità di spazio nel quale il flacone contenete il prodotto da potentizzare viene mosso: destra-sinistra, alto-basso, avanti-indietro, ecc., per un totale di circa 20 gesti qualitativamente diversi, capaci di caratterizzare il risultato finale a seconda si voglia privilegiare una azione “incarnativa” (come ad es. stimolare la formazione di humus) od “escarnativa” (allontanare i parassiti).
Come quarto fattore abbiamo approfondito la variabile “tempo” della potentizzazione. Come ogni organo umano ha i suoi ritmi di attività e riposo, come ogni pianeta ha i suoi ritmi di rotazione e rivoluzione specifici, così il prodotto omeopatico, come una specie di nuovo organo, deve risuonare con la sfera cosmica cui la patologia fa riferimento. Così operando vi sarà un tempo caratteristico della Luna per le malattie fungine e per il controllo delle infestanti, un tempo risuonante con Venere per favorire l’accoglimento delle forze cosmiche, un tempo legato a Mercurio per favorire il ricaccio degli erbai, e così via per un totale di circa 200 qualità di tempi diversi.
Caratterizzata in questo modo l’omeopatia adatta ai vegetali, avevamo ancora uno scoglio da superare: l’estensione delle aziende agricole; in altre parole per poter stimolare le piante dovevamo portare in campo ettolitri ed ettolitri di prodotto. Data l’impossibilità pratica di realizzare ciò abbiamo “inventato” un metodo che permette di “concentrare” l’efficacia del prodotto omeopatico al punto che bastano 10 ml di prodotto (diluiti in 40 l di acqua normale) per ettaro.
A questo punto siamo pronti. Possiamo iniziare ad individuare i rimedi per le nostre piante e terreni e potentizzarli secondo le nostre necessità pratiche.