Il nostro pensare non è individuale come la sensazione e il sentimento.
È universale. Acquista un'impronta individuale nei singoli uomini,
solo perché è in rapporto colle loro sensazioni e coi loro sentimenti
individuali. Gli uomini si distinguono fra loro da queste particolari
colorazioni del pensare universale. Un triangolo ha un unico concetto: e
per il contenuto di questo concetto, è indifferente di esser
compreso dalla coscienza umana A oppure da quella B. Ma da ciascuna
delle due coscienze è compreso in modo individuale.
Contro quest'idea, sta un pregiudizio umano difficile a vincere. In
generale non si arriva a riconoscere, che il concetto del triangolo, quale
la mia testa l'afferra, è lo stesso di quello afferrato dalla testa del mio
prossimo. L'uomo semplice si ritiene creatore dei suoi concetti: crede
quindi che ogni persona abbia concetti suoi proprî. È uno dei compiti
fondamentali del pensare filosofico di vincere questo pregiudizio. Il
concetto unitario del triangolo non diviene una pluralità perché è pensato
da molti. Perché il pensare dei molti è esso stesso un'unità.
Nel pensare ci è dato l'elemento che riunisce la nostra particolare
individualità col cosmo, a formare un tutto. In quanto abbiamo sensazioni
e sentimenti (e anche percepiamo), siamo singoli, in quanto pensiamo,
siamo l'essere uno e universale che tutto pervade. Questa è la
profonda ragione della nostra doppia natura: noi vediamo che viene in
noi ad esistere una forza assoluta, una forza universale; ma non impariamo
a conoscerla al suo irradiare dal centro del mondo, bensì in un
punto della periferia. Nel primo caso, al momento stesso in cui arrivassimo
alla coscienza, ci sarebbe rivelato tutto il mistero del mondo. Ma
poiché stiamo in un punto della periferia e troviamo la nostra propria
esistenza racchiusa entro determinati confini, dobbiamo imparare a
conoscere quanto giace al di fuori del nostro proprio essere, coll'aiuto
del pensare che affiora in noi dalla generale esistenza del mondo.