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     Rapporto fra il microcosmo e il macrocosmo - Rudolf Steiner

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    MessaggioTitolo: Rapporto fra il microcosmo e il macrocosmo - Rudolf Steiner   Rapporto fra il microcosmo e il macrocosmo - Rudolf Steiner Icon_minitimeGio Set 05, 2013 5:58 pm

    RAPPORTO FRA MICROCOSMO E MACROCOSMO

    Ho intenzione di parlare oggi d’una nozione importante della scienza esoterica, quella del
    rapporto fra microcosmo e macrocosmo. Esistono in seno alla scienza esoterica differenti concetti di principio, che attraversano come dei leitmotiv tutto il movimento esoterico. Un tale concetto è quello del numero ritmico, un altro quello di microcosmo e macrocosmo. Il mistero del numero s’esprime nel fatto che certi fenomeni si succedono in tale modo che la settima ripetizione può essere qualificata come fine di un evento, l’ottava come l’inizio di un nuovo evento. Nel mondo fisico questo fatto è rappresentato nel rapporto fra l’ottava e la tonica. Per coloro che tentano di penetrare nei mondi occulti, questo principio diventa il fondamento d’una visione del mondo molto vasta.
    Non sono soltanto i toni, ma anche gli avvenimenti nel tempo che sono ordinati secondo la legge del numero. Gli avvenimenti del mondo spirituale sono ordinati in modo tale che si trova un rapporto come nel ritmo del tono.
    Piú importante ancora è il rapporto fra il microcosmo e il macrocosmo.
    Ne troviamo la replica sensibile ad ogni passo. Osserviamo il rapporto tra la pianta intera e il seme: nella pianta intera vediamo un macrocosmo, nel seme un microcosmo. In un certo modo le forze che nella pianta sono ripartite su tutta la pianta sono nel seme come compresse in un punto. In modo simile, possiamo concepire l’evoluzione dell’essere umano individuale dall’infanzia fino alla vecchiaia come un microcosmo, l’evoluzione d’un popolo come un macrocosmo. Ogni popolo ha una infanzia, durante la quale assimila
    degli elementi culturali importanti.
    Un esempio ne
    sono i Romani, che assimilarono la cultura greca. Un popolo s’ingrandisce e attinge in sé le forze per una ulteriore evoluzione. È per questo che è importante che il membro di un popolo percorra gli stadi che attraversa il popolo nel suo insieme. Egli ha lo stesso rapporto con la sua nazione del seme con la pianta. È nell’uomo, come si presenta a noi nel mondo dei sensi, e il cosmo, che ritroviamo al piú alto grado il rapporto tra microcosmo e macrocosmo. Quale si presenta a noi nel mondo dei sensi, l’uomo ha in sé contratte le forze dell’universo, proprio come nel seme sono contratte le forze di tutta la pianta.
    Possiamo adesso domandarci: queste forze nell’uomo, sono anch’esse ripartite in qualche modo nel macrocosmo, proprio come le forze del seme vegetale sono ripartite in tutta la pianta? Solo la scienza esoterica può darci una risposta a questa domanda, perché durante la vita terrena l’uomo impara a conoscersi in quanto microcosmo. Eppure egli non vive soltanto nel microcosmo, ma ha anche una vita nell’universo.
    Di primo acchito, dire che nell’esperienza dello stato di veglia e di sonno l’uomo alterna una vita nel microcosmo a una vita nel macrocosmo sembra essere solo un’affermazione. Quando egli sprofonda nel sonno, la coscienza cessa d’agire, i fenomeni emotivi cessano per lui d’esistere. Una scienza esteriore si sforzerà invano di trovare nell’interiorità dell’uomo
    addormentato ciò che, allo stato di veglia, consiste nella sua vita animica. Ma già dal punto
    di vista logico è impossibile pensare che, nell’addormentarsi, la vita animica dell’uomo sia annullata e che dal nulla riappaia al momento del risveglio. La scienza esteriore ammetterà, in un futuro non troppo lontano, che si possa conoscere altrettanto poco la vita animica partendo da fatti materiali esteriori che conoscere i polmoni partendo dal fatto che si conoscono le leggi dell’ossigeno. A questo scopo studiamo i polmoni nella loro funzionalità organica. Ed è cosí che ci rendiamo anche conto che nelle leggi esteriori non esiste nulla della vita fisica che inspiriamo al risveglio e che espiriamo quando ci addormentiamo. Per l’occultista, addormentarsi e risvegliarsi non è altro che una respirazione.
    Ogni mattino l’uomo, respirando spiritualmente, assorbe dell’animico-spirituale che espira di
    nuovo nell’addormentarsi. Quando l’uomo è nello stato di sonno, dove si trova questo animicospirituale che, in modo analogo all’aria, si trova nello spazio quando egli espira ? La scienza occulta ci mostra che è avvolto nell’atmosfera del Mondo spirituale, nello stesso modo in cui noi siamo avviluppati nell’atmosfera dell’aria, salvo che questa si estende per alcune miglia, mentre l’altra riempie l’universo.
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    Da: L’azione del Mondo spirituale in quello fisico – O.O. N° 150.
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    MessaggioTitolo: Re: Rapporto fra il microcosmo e il macrocosmo - Rudolf Steiner   Rapporto fra il microcosmo e il macrocosmo - Rudolf Steiner Icon_minitimeMer Set 11, 2013 11:29 am

    Guardiamo la quantità d’aria che l’uomo ha inspirato nel suo corpo, rapportiamola a tutta l’atmosfera: la stessa quantità che è nel corpo umano dopo l’inspirazione si integra nell’atmosfera dopo l’espirazione. Cosí si può dire, nel senso dell’occultismo: dopo l’inspirazione, essa è nel microcosmo, dopo l’espirazione, nel macrocosmo. Allo stesso modo, la vita animicospirituale che si attiva all’interno del nostro corpo, è dal risveglio fino all’addormentarsi nel microcosmo, e dall’addormentarsi al risveglio nel macrocosmo. Proprio
    come la scienza fisica esteriore ci insegna l’esistenza dell’atmosfera fisica, la scienza occulta parla del macrocosmo spirituale che accoglie la nostra anima nello stato di sonno. Si arriva alla scienza spirituale grazie a metodi spirituali: l’Iniziazione. L’esperienza quotidiana ci mostra la vita della nostra anima all’interno del microcosmo; per quanto concerne la vita nel macrocosmo animico-spirituale, impariamo a conoscerla tramite l’Iniziazione. Bisogna prima di tutto parlare di questa scienza, se si vuole capire il passaggio dal microcosmo al macrocosmo. Questa scienza ha un’importanza particolare, perché attraverso di essa dopo la morte entriamo nel Mondo spirituale. Il passaggio della soglia della morte significa soltanto che l’anima abbandona definitivamente il corpo. Il metodo dell’Iniziazione insegna alcuni esercizi interiori propri dell’anima. Allo stesso modo in cui agiamo sull’organizzazione corporea nella vita quotidiana, dobbiamo mettere la nostra anima in grado di agire sul macrocosmo in modo animico-spirituale per ottenerne delle impressioni. Dobbiamo cercare di liberare le nostre forze animico-spirituali legate alla vita corporea.
    Ci sono tre forze dell’anima che durante la vita ordinaria sono legate al corpo e che sono liberate dall’Iniziazione. La prima forza dell’anima è la forza del pensare. La utilizziamo nella vita ordinaria per formare dei pensieri, per le rappresentazioni degli oggetti che ci circondano. Cerchiamo di trasporci nella natura di questa forza del pensare. Cosa succede quando pensiamo e ci facciamo delle rappresentazioni? Lo ammetterà perfino la scienza fisica: ogni volta che formiamo un pensiero che si riferisce a qualcosa del mondo sensibile, nel nostro cervello ha luogo un processo di distruzione.
    Dobbiamo distruggere delle fini strutture del cervello, la fatica lo dimostra sufficientemente. Ciò che il pensare quotidiano distrugge, è riparato durante il sonno. Con il metodo dell’Iniziazione perveniamo ad uno stato grazie al quale arriviamo a liberare dal cervello fisico la forza del pensare : niente è allora distrutto. Raggiungiamo ciò nella meditazione, nella concentrazione, nella contemplazione. Si tratta di alcuni processi nella nostra anima che si distinguono dalla sua vita animica ordinaria. Quelli fra le rappresentazioni e processi animici che ci riempiono nella vita ordinaria sono poco adatti a generare nella nostra anima la meditazione; bisogna perciò sceglierne altri. Per parlare concretamente, daremo un esempio. Rappresentatevi due bicchieri, uno vuoto, l’altro metà pieno. Immaginate in seguito che versiamo dell’acqua del bicchiere mezzo pieno nel bicchiere vuoto e poi immaginiamo che contemporaneamente il bicchiere mezzo pieno si riempia sempre di piú. Il materialista trova folle una cosa simile. Ma per quanto attiene a una rappresentazione che possa convenire alla meditazione, non si tratta di qualcosa di reale in senso fisico, ma di qualcosa che forma delle rappresentazioni nell’anima. Proprio perché una tale rappresentazione non si rapporta a nulla di reale, essa distoglie i nostri sensi dal reale. Ma può essere un simbolo, e ciò per il processo animico che ha uno stretto legame con il mistero dell’amore. Nel processo dell’amore, la relazione è la stessa del bicchiere vuoto e di quello mezzo pieno, dal quale si versa nel bicchiere vuoto e che, nello stesso tempo, si riempie. L’anima non si vuota, si riempie nella misura in cui dona. Questo è il significato che può avere tale simbolo.

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    MessaggioTitolo: Re: Rapporto fra il microcosmo e il macrocosmo - Rudolf Steiner   Rapporto fra il microcosmo e il macrocosmo - Rudolf Steiner Icon_minitimeGio Set 19, 2013 1:05 pm

    Quando trattiamo una tale rappresentazione in modo che vi dirigiamo tutte le forze dell’anima,
    questa è una meditazione. Durante tale rappresentazione dobbiamo dimenticare tutto il resto, anche noi stessi. Tutta la vita della nostra anima deve essere diretta su se stessa a lungo, circa un quarto d’ora. Non basta fare un tale esercizio una volta o qualche volta: deve sempre essere ripetuto. Secondo la predisposizione dell’individuo avviene che, facendo questo, la vita dell’anima si trasformi. Notiamo che, operando in questo modo, sviluppiamo una forza del pensare che non distrugge il cervello.
    Colui che passa attraverso questo sviluppo capirà che la meditazione non provoca fatica e non distrugge il cervello. Questo sembra essere contraddetto dal fatto che dei principianti si addormentino durante la meditazione. Ma ciò avviene perchè, all’inizio, siamo ancora attaccati al mondo esteriore e non abbiamo ancora liberato i nostri pensieri dal cervello. Quando abbiamo liberato dal cervello le forze del pensare, grazie a ripetuti sforzi, quando siamo arrivati a meditare senza sforzo, allora si opera una trasformazione in tutta la nostra vita umana. Come durante il sonno eravamo fino ad allora senza coscienza e fuori dal corpo, adesso lo siamo coscientemente. E proprio come nella vita ordinaria pensiamo il nostro Io all’interno della nostra pelle, dopo la meditazione facciamo l’esperienza di essere al di fuori del nostro corpo. Il corpo diventa un oggetto sul quale dirigiamo il nostro sguardo. Ma ora impariamo a conoscere questo in maniera ancora diversa che durante il sonno. Impariamo a conoscerlo come delle forze magnetiche che ci incatenano al nostro
    corpo. È qualcosa nel quale vogliamo tuffarci. E riconosciamo che sono queste forze stesse, che ci attirano ogni mattina verso il nostro corpo fisico, che noi abbiamo attinto nel mondo spirituale prima della nascita e che ci hanno dato l’impulso di andare verso le correnti ereditarie per trovare un nuovo corpo. Impariamo cosí perché ci sentiamo attratti verso i nostri genitori e antenati.
    C’è una rappresentazione che possiamo collocare a parte, un’esperienza dell’anima che è diversa da quelle che abbiamo nel momento del passaggio dal microcosmo al macrocosmo. Quando guardiamo il nostro corpo dal macrocosmo, diciamo, qualunque sia l’esperienza: «Quello è al di fuori di noi”. Ma se abbiamo risvegliato in noi l’esperienza di Paolo [Vedi Atti degli Apostoli 17, 15-34], abbiamo sviluppato un elemento animico che già in noi è esteriore.
    Quando siamo all’esterno del corpo, risentiamo l’esperienza del Cristo come interiore. Si può definire questo il primo incontro con l’impulso del Cristo nel macrocosmo. Dobbiamo ora parlare di una seconda categoria di forze dell’Iniziazione. Proprio come liberiamo la forza
    del pensare, possiamo anche liberare la forza che utilizziamo per esprimerci con il linguaggio. La scienza materialista dice che gli organi motori della parola hanno il loro centro nell’organo della parola, detto di Broca [centro del linguaggio situato nella terza circonvoluzione sinistra
    del cervello, chiamata “area di Broca” da colui che la scoprí, Paul Broca, 1824–1880, antropologo e chirurgo francese]. Tuttavia, non è l’area di Broca che ha formato il linguaggio, al contrario, è quest’ultimo che ha formato l’area.
    La forza del pensare ha un effetto distruttivo; il linguaggio che viene dall’ambiente sociale, ha un effetto costruttivo. Possiamo dunque liberare quella forza che edifica l’area di Broca. Ci riusciamo impregnando la nostra meditazione di valori affettivi. Quando meditiamo: “Nella luce risplende la saggezza”, che non riflette una saggezza esteriore, ma ha un senso profondo, un profondo significato, e impregniamo il nostro sentimento in tal modo da dirci: “Vogliamo vivere con tutta la luce che proviene dalla saggezza”, sentiamo allora come afferriamo la forza che altrimenti si esprime nella parola e che vive adesso nella nostra anima. Quando si parla del “silenzio che è d’oro”, si riferisce al fatto che abbiamo nella nostra anima una forza che crea la parola. Possiamo afferrarla come la forza del pensare. Allora superiamo il tempo, proprio come superiamo lo spazio afferrando la forza del pensare. Quello che per la vita ordinaria è un ricordo fino all’infanzia, si estende allora alla vita prenatale. È questa la via per arrivare a esperienze della vita dall’ultima morte fino alla nostra attuale nascita e, allo stesso tempo, la via per svelare l’evoluzione dell’umanità. Sveliamo le forze che dirigono l’evoluzione della storia umana.

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    MessaggioTitolo: Re: Rapporto fra il microcosmo e il macrocosmo - Rudolf Steiner   Rapporto fra il microcosmo e il macrocosmo - Rudolf Steiner Icon_minitimeLun Set 30, 2013 7:43 pm

    E accediamo alla conoscenza della vita dalla nascita fino alla morte. Quando sviluppiamo la forza del verbo silenzioso, accediamo alla conoscenza del fondamento spirituale della vita terrestre. E qui incontriamo allora un evento storico: il Mistero del Golgotha. Perché è questo il cammino dove troviamo l’evoluzione ascendente e discendente dell’umanità, come anche il punto in cui il Cristo si incarna. È riconosciuto quale esso è nella sua propria forza originaria. Come per la liberazione del pensare noi ci colleghiamo al Cristo, come Egli era sulla Terra, per la liberazione della parola ci colleghiamo al Mistero del Golgotha. La prima frase del Vangelo secondo Giovanni appare allora sotto una luce particolare.
    In seguito, ancora una terza forza diventa autonoma grazie alla meditazione. Essa non afferra
    soltanto il cervello e la laringe, ma anche la circolazione del sangue e il cuore. Siccome agisce in
    maniera debole, la percepiamo quando arrossiamo o impallidiamo. Qui, qualche cosa di animico interviene nel pulsare del sangue e va fino al cuore. Questa forza dell’anima può essere estratta dalla pulsazione del sangue e diventa una forza autonoma dell’anima. Ciò avviene con la meditazione, là dove la volontà si lega alla meditazione. Meditiamo la frase: “Nella luce risplende la saggezza”. Ma prendiamo la decisione di legare ad essa il nostro volere in modo tale che, con questa radiante saggezza, vogliamo partecipare all’evoluzione dell’umanità. Quando arriviamo a una tale meditazione di volontà, facciamo sí che le forze della volontà affluiscano nell’anima. Si può impadronirsi di queste forze e trarle fuori dal sangue – ma a dire il vero non si può estrarle completamente – ed esse formano allora una forza di chiaroveggenza che ci conduce al di là della nostra Terra. Impariamo
    a conoscere la nostra Terra come un pianeta reincarnato che s’incarnerà ancora, e noi, esseri
    umani, con lui. Cosí, passando per il mondo animico-spirituale, ci eleviamo fino al macrocosmo. In un certo modo, facciamo l’esperienza che la vita fra la morte e la nascita deve essere all’opposto della vita durante un’incarnazione. Perché cosí è: l’Iniziato fa l’esperienza di quello che l’uomo vive dopo la morte, liberato dal corpo. Consideriamo la caratteristica principale di quello che ci si è presentato nello stato libero dal corpo. È la stessa esperienza che nella vita dopo la morte. Vivendo nel microcosmo, percepiamo attraverso gli organi fisici dei sensi. Dopo la morte, guardiamo il nostro corpo come fa l’Iniziato. Non si può allora percepire quello che percepiscono gli organi dei sensi. L’Iniziato può conoscere la vita fra la morte e una nuova nascita perché ha già trovato qui il passaggio dal microcosmo al macrocosmo.
    Non si può parlare con i morti con il linguaggio umano ordinario. Ma quando abbiamo liberato
    la forza del linguaggio, possiamo riconoscere in quale maniera siamo insieme ai morti. Per il fatto che liberiamo la forza del pensare, possiamo parlare con coloro che si trovano fra la morte e una nuova nascita. Permettetemi di citare un esempio: un veggente poteva parlare con un defunto. Questi era stato un uomo eccellente, ma si era occupato dei suoi solo in senso materiale. Non aveva alcuna nozione religiosa né antroposofica. Il veggente poté sapere da quell’uomo ciò che segue: «Io so, ho vissuto insieme alla mia famiglia, con i miei, e sono stati i miei raggi di sole. Essi sono ancora vivi,
    anche adesso, lo so, ma li vedo solo fino al momento in cui ho lasciato la terra. È impensabile di stabilire un contatto con loro. Le relazioni sono complicate dopo la morte». Il veggente poté vedere quanto segue: la moglie mostrava nel suo intimo ancora qualcosa, come delle conseguenze dell’influenza di suo marito. Queste influenze il marito poteva vederle, tuttavia non come vede un essere umano, bensí come in uno specchio: certo, c’è una forma di visione, ma è come se si vedesse un’immagine in uno specchio. Ciò suscita timore, perché non si può vedere veramente l’essere umano com’è. Proprio come nell’esistenza sensibile vediamo il corporeo, dopo dobbiamo essere capaci di vedere l’animico. Ma come in uno spazio scuro non vediamo la candela quando non brucia, nella stessa maniera la facoltà della percezione è diminuita, oscurata. Tuttavia, una relazione fra il defunto e l’essere umano sulla Terra è ancora possibile se quest’ultimo s’impregna di vita spirituale.
    Questo è ciò che possiamo fare di buono per i defunti: se una persona alla quale siamo legati da interessi comuni ha passato la soglia della morte, noi possiamo leggere per lei Ci rappresentiamo che è davanti a noi, le leggiamo a bassa voce, possiamo anche inviarle dei pensieri. Ma ella ne riceve l’impressione solo se le inviamo idee e concetti intessuti
    di spiritualità. La missione dell’antroposofia sarà capita quando comprenderemo che dobbiamo far scomparire l’abisso che ci separa dai morti.
    Persino un’anima che si è comportata opponendosi all’antroposofia, può avere un beneficio
    grazie a una tale lettura. Nella nostra vita animica dobbiamo distinguere due aspetti: quello che è stato vissuto coscientemente e ciò che dell’interiorità dell’anima, come le profondità del mare, si esprime solo con onde superficiali. Cosí, possiamo fare l’esperienza, per esempio, che di due fratelli uno diventi un antroposofo e l’altro un oppositore dell’antroposofia. Questo può essere solo un fatto del mondo esteriore. Il processo interiore è il seguente: un’aspirazione profonda alla religiosità è presente, e si vuole solo rendersi insensibili riguardo ad essa con il rifiuto dell’antroposofia. La rappresentazione cosciente è solo un oppiaceo per dimenticare quello che accade nel profondo. La morte fa sparire tutto ciò, e allora abbiamo fame proprio di quello a cui aspiravamo inconsciamente.
    È per questo, proprio in questo senso, che la lettura a viva voce di scritti antroposofici è qualcosa di benefico. A poco a poco nasce la coscienza del legame con i defunti. Ma anche prima d’avere questo sentimento, dopo tutto rischiamo solo che il defunto non ci ascolti quando gli leggiamo qualcosa.
    Cosí vediamo che, quando gli insegnamenti antroposofici sono recepiti in modo vivente, il
    macrocosmo e il microcosmo entrano in rapporto.
    Ciò avviene anche in un altro campo. Quando il veggente osserva delle persone addormentate, vede questo: attraversano la porta del sonno alcune anime che non hanno mai avuto interessi spirituali e altre che hanno assimilato durante il giorno dei pensieri spirituali. Una cosa appare evidente: le anime addormentate sono come dei semi in un campo. Nel Mondo spirituale ci sarebbe una carestia se non vi fosse apportato alcun pensiero spirituale. Il defunto si nutre di ciò che è portato in termini di idee spirituali antroposofiche da quelli
    che si addormentano. Quando, nel momento di addormentarsi, non portiamo
    lassú dei concetti spirituali, priviamo di cibo i defunti. Con la lettura ad alta voce diamo loro degli impulsi spirituali; portando delle idee spirituali lassú, al momento di addormentarci diamo del cibo ai defunti.
    Poiché l’uomo crea nell’anima sua, diventa un ponte tra il microcosmo e il macrocosmo. Quello di cui ci appropriamo è come un seme. Vorrei presentare come segue la missione vivente dell’antroposofia, che non è solo teorica: la teoria
    si trasforma in elisir di vita, l’immortalità diventa un fatto sperimentato. Proprio
    come il seme costituisce la garanzia del seme successivo, allo stesso modo sviluppiamo delle forze spirituali che costituiscono le garanzie per un ritorno
    nella prossima vita sulla terra. Non comprendiamo solo l’immortalità, ne facciamo l’esperienza in noi stessi.
    Cosí, a partire dal momento in cui i nostri capelli cominciano a diventare grigi, facciamo l’esperienza di ciò che varca la porta della morte. È in questo senso che l’antroposofia diventerà elisir di vita, proprio come il sangue che irriga il nostro corpo fisico. È solo allora che l’antroposofia sarà quello che deve essere.
    Se impariamo a riconoscere questo e vogliamo riassumerlo in un sentimento fondamentale,
    quel sentimento fondamentale che l’anima umana ha un legame con il Mondo spirituale come il nostro corpo fisico ne ha uno con il mondo fisico, allora l’uomo farà questa esperienza:
    Parlano ai sensi dell’uomo gli esseri nella distesa dello spazio, si trasformano nel corso del tempo. Vivendo le sue esperienze, l’anima umana, senza essere limitata dalla distesa dello spazio e senza essere turbata dal corso del tempo, penetra nel regno dell’eternità.
    Rudolf Steiner
    Conferenza tenuta a Parigi il 5 maggio 1913, del ciclo L ’azione del Mondo spirituale in quello fisico  –  O.O. N° 150
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