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| Antroposofia - Rudolf Steiner | |
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Messaggi : 1827 Data d'iscrizione : 02.03.11 Età : 55
| Titolo: Antroposofia - Rudolf Steiner Mar Gen 08, 2013 8:42 am | |
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“Antroposofia” non è affatto un nome nuovo. Parecchi anni fa, quando si trattò di dare un nome al nostro lavoro, io stesso pensai ad un nome che mi era caro perché un professore di filosofia, Roberto Zimmermann, i cui corsi ho frequentato nella mia gioventú, aveva intitolato Antroposofia la sua opera principale. Questo avveniva dopo il 1880. Del resto, il nome Antroposofia risale piú indietro nella letteratura: era già in uso al secolo XVIII, ed anche prima. Il nome è dunque vecchio; noi lo usiamo per cose nuove. Per noi il nome non deve significare “Scienza dell’uomo”: ciò fu espressamente inteso da chi diede questo nome. La nostra scienza stessa ci porta alla convinzione che entro l’uomo fisico vive un uomo spirituale, un uomo interiore, un secondo uomo, per cosí dire. Mentre dunque si può chiamare “Antroposofia” ciò che intorno al mondo l’uomo può conoscere per mezzo dei suoi sensi e dell’intelletto che all’osservazione dei sensi si attiene, noi vogliamo chiamare “Antroposofia” ciò che può conoscere l’uomo interiore, l’uomo spirituale. L’Antroposofia è dunque la scienza dell’uomo spirituale; e non comprende solo l’uomo, ma tutto ciò che nel mondo spirituale l’uomo spirituale può percepire, come l’uomo fisico percepisce nel mondo fisico le cose sensibili. E poiché questo altro uomo, quest’uomo interiore, è l’uomo spirituale, la conoscenza ch’egli acquista si può anche chiamare “Scienza dello Spirito”. E il nome “Scienza dello Spirito” è ancor meno nuovo del nome Antroposofia; non è nemmeno raro: e sarebbe in errore chi credesse che io – come fu detto – o altri vicino a me, abbia coniato questo nome. Si usa il nome “Scienza dello Spirito” dovunque si crede di poter conquistare una conoscenza che non sia conoscenza di soli fatti naturali, ma conoscenza di fatti spirituali. Molti nostri contemporanei chiamano la storia una Scienza dello Spirito: chiamano Scienze dello Spirito la sociologia, l’economia politica, l’estetica, la filosofia delle religioni. Solamente, noi usiamo questo nome in senso alquanto diverso, nel senso cioè che lo spirito è per noi una vera realtà, mentre generalmente coloro che oggi parlano di storia, di economia politica ecc. denominandole Scienze dello Spirito, dissolvono lo spirito in idee astratte. …Si può perfettamente comprendere che la Scienza dello Spirito, l’Antroposofia, come noi l’intendiamo, venga cosí spesso fraintesa. Chi vi è veramente penetrato trova spiegabilissimo che essa venga fraintesa. E chi conosce lo svolgimento spirituale dell’umanità non si meraviglierà di tale incomprensione. «Sono mere fantasticherie, sogni, forse anche peggio!» Giudizi simili si possono comprendere. Cosí – come si accoglie ora la Scienza dello Spirito – venne generalmente accolto tutto ciò che in modo consimile penetrò via via nella storia spirituale dell’umanità. Inoltre può facilmente apparire che l’Antroposofia abbia qualche somiglianza con talune concezioni antiche per le quali non esiste oggi gran simpatia. Guardando solo superficialmente a ciò ch’essa vuole, potrebbe sembrare ch’essa abbia attinenza con lo Gnosticismo dei primi secoli cristiani. Ma chi impara veramente a conoscere ciò che è la nostra Scienza dello Spirito, troverà ch’essa non ha con lo Gnosticismo maggior somiglianza che non ne abbia la scienza naturale moderna con la scienza naturale dell’ottavo o sesto secolo dopo Cristo. Certamente, si possono trovare delle somiglianze fra tutte le cose, quando non si faccia sufficientemente astrazione da ciò che le distingue; quando, per esempio, si dica: «La Scienza dello Spirito, l’Antroposofia, vuol conoscere il mondo in maniera spirituale: anche gli Gnostici volevano conoscere il mondo in maniera spirituale: per conseguenza l’Antroposofia e la Gnosi sono la stessa cosa». In modo simile si può mettere in un fascio l’Antroposofia con l’Alchimia, con la Magia del Medio Evo. Ma tutto questo si fonda sull’assoluto disconoscimento di ciò che l’Antroposofia, o Scienza dello Spirito, veramente vuole. Chi ha la buona volontà di rendersene conto, deve anzitutto considerare il sorgere del pensiero scientifico-naturale moderno da una precedente modalità di pensiero del tutto diversa, e seguirne lo svolgimento attraverso gli ultimi tre o quattro secoli. Si pensi un po’ all’importanza che ebbe per l’umanità il rivolgimento avvenuto 3-4 secoli or sono: fino a quel momento, tutti gli uomini, scienziati o profani, avevano creduto che la terra stesse ferma nell’universo, e che il sole e le stelle si muovessero intorno ad essa; ad un tratto, le dottrine di Copernico, Galileo ed altri vennero – per cosí dire – a smuovere agli uomini il terreno sotto i piedi. Oggi, che la rotazione della terra è ormai indiscutibile, non si ha piú una lontana idea dell’immenso stupore che quelle dottrine e tutto ciò che ad esse si collegava, suscitarono nell’umanità. Appunto quello che fu allora tentato per le scienze naturali nella spiegazione ed utilizzazione dei segreti della natura, si tenta oggi dalla Scienza dello Spirito, per ciò che riguarda l’anima e lo spirito. Essa altro non vuol essere, nelle sue fondamenta, se non una scienza per la vita dell’anima e dello spirito, analoga a ciò che divenne allora la scienza naturale per la vita esteriore della natura. Chi crede, per esempio, che la nostra Scienza dello Spirito abbia a che fare con l’antico Gnosticismo, disconosce interamente che con la concezione del mondo fondata sulle scienze naturali si è introdotto un elemento nuovo nello svolgimento spirituale dell’umanità, e che, come conseguenza di ciò, la Scienza dello Spirito deve portare un elemento analogamente nuovo per lo studio dei mondi spirituali. Ma se la Scienza dello Spirito vuol essere per lo Spirito ciò che le scienze naturali sono per la natura, deve investigare in modo totalmente diverso da queste. Deve trovare il mezzo e la via per penetrare nelle regioni dello Spirito, che non può venir percepito dai sensi fisici esteriori, né afferrato con l’intelletto legato al cervello. È ancora molto difficile oggi farci intendere quando si parla dei mezzi e delle vie che la Scienza dello Spirito cerca per penetrare nella regione dello spirito, perché la maggioranza degli uomini – a priori – ritiene il mondo spirituale un mondo che non solo è sconosciuto, ma che sconosciuto deve restare. La Scienza dello Spirito dice: certamente, le facoltà cognitive che l’uomo ha per la via solita, e ch’egli adopera pure nella solita scienza, non possono penetrare nel mondo dello spirito. A questo riguardo la Scienza dello Spirito è pienamente d’accordo con talune correnti della scienza naturale. Solo che la scienza naturale non conosce certe facoltà dell’uomo che sono dormenti in lui e che possono venir sviluppate. È anche difficile parlare oggi di queste facoltà, per la ragione che molti le scambiano con ogni sorta di fenomeni morbosi dell’uomo. Quando per esempio oggi si parla di certe facoltà insolite che l’uomo può acquistare, colui che possiede una cultura scientifica osserva: «Sí, ma queste facoltà si fondano soltanto sul fatto che il sistema nervoso normale, che il cervello normale, sono diventati anormali, si sono ammalati». In tutti i casi in cui lo scienziato della natura ha ragione nel dare questo giudizio, anche lo scienziato dello spirito gli darà, senz’altro, ragione. Ma quello a cui tende la Scienza dello Spirito, non va scambiato con ciò che dai piú viene volgarmente chiamato «chiaroveggenza». Né si deve scambiare la Scienza dello Spirito con ciò che si presenta sotto il nome di Spiritismo ecc. Questo è appunto l’essenziale, che la Scienza dello Spirito venga ben distinta da tutto ciò che in qualsiasi modo poggia su disposizioni morbose degli uomini. Per farmi intendere pienamente su questo proposito devo, almeno con brevi cenni, parlare del modo come lo scienziato dello spirito esegue le sue investigazioni. L’investigazione spirituale si fonda su procedimenti che non hanno nulla che fare con le forze animiche dell’uomo in quanto legate all’organismo corporeo. Se, per esempio, si dicesse che la Scienza dello Spirito si fonda su ciò che è raggiungibile per mezzo di un qualsiasi ascetismo, o su ciò per cui occorre in qualche modo preparare, eccitare il sistema nervoso; o se si dicesse ch’essa poggia sul fatto che degli spiriti vengono portati a manifestarsi fisicamente, esteriormente; tutte siffatte affermazioni sarebbero assolutamente erronee. Sono processi puramente animico-spirituali quelli che conducono lo scienziato dello spirito a conquistarsi la facoltà di vedere nel mondo spirituale processi che non hanno nulla a che fare con mutamenti del corpo né con quel genere di visioni che provengono da una vita morbosa del corpo. Lo scienziato dello spirito porrà la massima cura affinché la corporeità non abbia alcun influsso su tutto ciò ch’egli percepisce spiritualmente. Noto solo incidentalmente che se molti seguaci della Scienza dello Spirito sono, per esempio, vegetariani, è questione di una scelta che non ha a che fare, nei princípi, coi metodi dell’investigazione spirituale. Ha a che fare soltanto con una certa facilitazione della vita, vorrei quasi dire con una certa qual comodità, perché è piú agevole lavorare in senso spirituale quando non si mangia carne. L’essenziale è che la Scienza dello Spirito comincia con le sue investigazioni là dove la scienza naturale moderna si arresta. Alla concezione del mondo della scienza naturale l’umanità va debitrice di una logica che si educa al contatto coi fatti stessi della natura. Coloro che si sono occupati di scienze naturali hanno fatto un tirocinio importante riguardo al lavoro interiore del pensiero. Ora cercherò di spiegare per mezzo di un paragone il rapporto tra l’investigazione scientifico-naturale e quella scientifico-spirituale. Vorrei paragonare il pensiero che lo scienziato della natura adopera, con le forme di una statua. La logica formata sui fatti esteriori, naturali, ha qualcosa di morto. Quando si pensa logicamente, nei concetti, nelle rappresentazioni, si hanno delle immagini. Ma queste immagini non sono che forme di pensiero interiori, come sono forme le forme di una statua. Orbene, questo pensiero è per lo scienziato dello spirito un punto di partenza. Nel mio libro Iniziazione – Come si consegue la conoscenza dei mondi superiori, si trovano indicati i processi che dobbiamo appunto far subire al pensiero, per trasformarlo completamente da ciò che è nella vita solita e nella scienza solita. Lo scienziato dello spirito sviluppa il proprio pensiero, lo sottopone a una ben determinata disciplina (in questi brevi cenni non posso entrare in particolari, questi sono esposti nel suddetto libro). Allora, quando il pensiero, quando la logica che vive nell’uomo, vengono trattati in un dato modo, tutta la vita interiore dell’anima si trasforma. Ha luogo un processo che della vita dell’anima fa qualcosa di diverso da ciò che è generalmente; e questo pure voglio ora chiarire per mezzo di un paragone. Immaginate un po’ che la statua (ciò naturalmente non può accadere, ma supponiamo che accadesse) immaginate un po’ che la statua, la quale prima stava dinnanzi a noi solo in forme morte, tutt’a un tratto cominciasse a camminare, a diventare viva. Ciò che per la statua non può accadere, può però accadere per il pensiero umano, per l’attività logica esteriore. Per mezzo degli esercizi animici che lo scienziato dello spirito ha intrapreso, egli si pone in condizione di avere in sé una logica che non è soltanto una logica pensata, ma è una logica vivente: la logica stessa diventa in lui un ente vivo. In virtú di ciò egli ha afferrato in sé, al posto dei concetti morti, essa è una forza attiva vivente. Egli viene compenetrato da una forza attiva vivente. Non è dunque una fantasticheria se la Scienza dello Spirito ammette, oltre al corpo fisico che si vede con gli occhi, anche un corpo eterico; ma veramente l’uomo che in sé ha suscitato alla vita il pensiero logico, sperimenta interiormente un altro individuo. Questo è un fatto che si può arrivare a sperimentare. Ma appunto quest’esperienza si deve fare affinché possa sorgere la scienza dell’uomo spirituale; come si devono fare gli esperimenti esteriori della scienza naturale per cogliere i segreti della natura.
da: R. Steiner - Problemi spirituali - Conferenza tenuta a Liestal nel 1916, Editore Carabba, Lanciano 1938 | |
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| Titolo: Re: Antroposofia - Rudolf Steiner Gio Gen 10, 2013 12:05 pm | |
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ANTROPOSOFIA
Si domanda – e questa domanda appare molto ovvia – quale posizione assuma la Scienza dello Spirito o Antroposofia di fronte alla vita religiosa. A ciò si può rispondere che essa, per la sua stessa essenza, non entrerà mai in modo immediato nel campo della vita religiosa, non interverrà mai in alcuna confessione religiosa. Vorrei, a questo riguardo, spiegarmi come segue. Supponiamo di occuparci di scienza naturale. Non ci figureremo mai, pel fatto che acquistiamo delle cognizioni intorno alla natura, di poter creare alcunché entro la natura medesima. La conoscenza della natura non crea cosa alcuna nella natura. Cosí non ci figureremo mai, per il fatto che acquistiamo cognizioni intorno ai rapporti spirituali, di poter creare alcunché nel campo dei fatti spirituali. Noi osserviamo i rapporti spirituali. La Scienza dello Spinto tenta di penetrare nei segreti dei rapporti spirituali del mondo. Le religioni sono, nella vita storica dell’umanità, dei fatti. La Scienza dello Spirito può certamente estendersi a studiare anche le manifestazioni spirituali che nel corso dell’evoluzione del mondo si affermarono sotto forma di religione, ma non può mai voler creare una religione, come la scienza naturale non si abbandona all’illusione di creare alcuna cosa in natura. Epperò, nell’ambito della concezione universale della Scienza dello Spirito, le confessioni religiose piú diverse potranno vivere insieme e tendere alla conoscenza dei fatti spirituali nella pace piú perfetta e nella piú completa armonia; di modo che la convinzione religiosa del singolo individuo non ne verrà minimamente pregiudicata. Né ciò che l’uomo trova nella Scienza dello Spirito potrà in qualsivoglia modo pregiudicare l’intensità nelle pratiche della sua confessione religiosa e del suo culto. Al contrario, si può dire che la scienza naturale, come si è manifestata in questi ultimi secoli, ha molto spesso allontanato gli uomini da un’interpretazione religiosa della vita, della religiosità intima, vera. Con la Scienza dello Spirito invece facciamo l’esperienza che molte persone, allontanate dalla vita religiosa per influsso delle mezze verità delle scienze naturali, possono, appunto dalla Scienza spirituale, esservi ricondotte. Nessuno ha bisogno di venir distolto dalla sua vita religiosa per influsso della Scienza dello Spirito. Quindi non si può dire che la Scienza dello Spirito, come tale, sia una confessione religiosa; essa né intende creare una confessione religiosa, né intende in alcun modo mutare l’uomo in rapporto alla sua confessione religiosa. Tuttavia sembra che alcuni si preoccupino della religione degli antroposofi. La verità è che non si può nemmeno parlare di una religione degli antroposofi, poiché in seno alla Società Antroposofica sono rappresentate tutte le confessioni religiose, e nessuno viene impedito di praticare la propria religione nel modo piú pieno, piú ampio e piú intenso. Solo che la Scienza dello Spirito, volendo comprendere nel campo delle sue osservazioni tutto il mondo, vuole considerare anche la vita storica, e anche la spiritualità superiore penetrata entro la vita storica. Il fatto che per questo motivo essa studi anche le religioni, non contraddice assolutamente a quanto ho asserito or ora. Cosí avviene che lo studio dell’Universo, coltivato nell’ambito della Scienza dello Spirito, deve in certo modo approfondire l’uomo anche in rapporto agli oggetti della vita religiosa. Ma quando, per esempio, si fa rimprovero a questa Scienza dello Spirito di non parlare di un Dio personale, quando si dice che io stesso preferisco parlare della Divinità, invece che di Dio; quando si sostiene che quello che nella Scienza dello Spirito è denominato “il Divino” assume un carattere analogo al Panteismo dei Monisti e dei Naturalisti, tutto ciò è precisamente l’opposto della verità. Appunto perché dalla Scienza dello Spirito si viene condotti verso reali entità spirituali, anche verso la reale entità che l’uomo è dopo la morte, appunto per il fatto che si viene condotti verso Esseri spirituali concreti, reali, si arriva pure a poter comprendere pienamente, perfettamente, come sarebbe poco consono il professare un Panteismo, e come sia cosa del tutto insensata voler negare in Dio la personalità. Al contrario, tutto ciò porta a riconoscere che si può parlare non solo di una personalità, ma perfino di una super-personalità di Dio. La confutazione piú radicale del Panteismo si può trovare appunto mediante l’Antroposofia. E se lo scienziato dello Spirito è tutto compreso di profonda reverenza, allorché, mosso dai sentimenti suscitati in lui dal suo studio, accenna rispettoso al Divino, si dovrà dunque muovergliene rimprovero? Quante volte fra i nostri amici si ripete: «Noi viviamo, operiamo e siamo in Dio». E colui che vuol comprendere Dio con un concetto, non sa che tutti i concetti insieme non possono comprendere Dio, perché tutti i concetti sono in Dio. Ma il riconoscere Dio come un Ente che ha personalità in un senso molto piú sublime che l’uomo, in un senso che neppure per mezzo della Scienza spirituale si può pienamente intuire, questo appunto diventa per l’uomo una cosa, direi, naturale, grazie all’Antroposofia. I concetti religiosi non vengono da essa annebbiati nel senso panteistico, ma vengono, secondo la loro essenza, approfonditi. E se essa afferma che Dio si può rivelare anche nel nostro proprio cuore, nella nostra propria anima, questa è, d’altronde, una convinzione comune a molte persone religiose; si è anche sempre ripetutamente insistito che non per questo può essere questione di voler divinizzare l’uomo. Spesso, a questo proposito, ho usato questa similitudine: se dico che una goccia tolta dal mare è acqua, affermo forse che la goccia d’acqua è il mare? Se dico che nella singola anima umana parla qualcosa di divino, una goccia del mare dell’infinito Divino, affermo forse qualcosa che divinizza la singola anima umana, che accomuni Dio e la Natura alla maniera panteistica? No e poi no. E se infine, in virtú di certi sentimenti fondamentali che vengono suscitati appunto dall’Antroposofia, spesso il nome di Dio non viene da noi, per reverenza, pronunciato, ma espresso con una perifrasi, si può veramente, dal punto di vista religioso, biasimarcene? Non dice persino uno dei dieci comandamenti: «Non nominare il nome dell’Iddio tuo invano?». E non può darsi che se il Nome di Dio, fra noi, non viene pronunciato ad ogni momento, ciò sia appunto per uno stimolo al fedele adempimento di questo precetto? E il nome di Cristo e l’entità del Cristo? Signori, si può veramente dire che la Scienza dello Spirito fa ogni sforzo per comprendere l’entità del Cristo, e che non ne risulta alcun dissenso tra ciò ch’essa dice a questo riguardo e ciò che, su basi veritiere, può affermare qualsiasi confessione religiosa. Solo che, appunto su questo campo, c’imbattiamo in un fenomeno ben singolare. Viene, per esempio, un tale e dice di aver questa o quella concezione, questo o quel sentimento rispetto al Cristo, a Gesú, e noi gli diciamo: certamente, questi sentimenti noi li riconosciamo come assolutamente giustificati; soltanto, la Scienza spirituale conduce a pensare ancora dell’altro intorno al Cristo. Essa non nega la parte che tu ammetti, accetta la parte tua. Solo deve aggiungervi ancora molte altre cose. Appunto per il fatto che l’Antroposofia allarga lo sguardo spirituale, l’occhio dell’anima, sul mondo dello Spirito, diventa necessario, per esempio, non soltanto di riconoscere in quell’Essere, al quale il cristiano eleva lo sguardo come al suo Cristo, Colui che visse sulla terra, ma di stabilire un nesso fra questo Essere e il complesso del Cosmo. E da questo, altre cose conseguono. Ma nulla di ciò che ne consegue sminuisce il riconoscimento del Cristo; anzi, ne viene aumentato e allargato tutto ciò che intorno al Cristo può dire una persona religiosa, una persona veramente, cristianamente religiosa. E quando il concetto che l’Antroposofia ha del Cristo viene attaccato, si ha l’impressione come se qualcuno ci venisse a dire: «Io, del Cristo, dico questo e questo; voi lo credete?». Noi gli rispondiamo: «Sí, ci crediamo anche noi». E lui: «Però voi non credete soltanto questo, credete anche dell’altro!» Ed ecco ciò ch’egli non ci permette! Egli non si contenta che noi consentiamo a quanto egli afferma, ma ci proibisce di dire del Cristo cose ancora piú grandi, ancora piú sublimi di quelle ch’egli stesso vuol dirne. Ma, o Signori, io domando se può essere considerato eresia il dire, come fa la Scienza dello Spirito, fondandosi sulla sua osservazione della spiritualità che regge e governa tutta l’evoluzione terrestre, riguardo agli uomini e agli altri esseri: «Tutta questa esistenza terrestre non avrebbe senso alcuno per l’Universo se in seno ad essa non si fosse svolto il Mistero del Golgota». Di piú, l’investigatore spirituale deve aggiungere: «Se gli abitanti di qualsiasi mondo remoto potessero guardare giú sulla terra e osservare che cosa è, essi non vedrebbero alcun significato in tutta l’evoluzione della terra, se su questa terra non avesse vissuto, non fosse morto e risuscitato il Cristo. È l’avvenimento del Golgota che dà alla vita terrena un senso e un contenuto per l’Universo». Se penetraste in ciò che è veramente la Scienza dello Spirito, vedreste che la venerazione per il Cristo, la devozione al Cristo, non possono davvero venir sminuite da questa indagine, ma, al contrario, elevate e sublimate.
Da: R. Steiner, Problemi spirituali Conferenza tenuta a Liestal nel 1916, Ed. Carabba, Lanciano 1938
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