ASTRALE E DEVACHAN
Allo stesso modo,le forze dell’abnegazione faranno sparire le bestie, lasciando apparire al loro posto le forme nobili del mondo astrale. Cosí l’uomo deve innanzitutto trasformare nel suo contrario, attraverso le forze dell’abnegazione, attraverso la rinuncia, ciò che gli viene incontro oggettivamente: l’orribile bestia. L’abnegazione fa sorgere dalle profondità, come per magia, le reali forme del mondo astrale.
Allo stesso modo, quando ci si slancia verso il mondo astrale animati da buone intenzioni, non bisogna credere che la partecipazione delle forze dell’anima non sia necessaria: senza di esse non si raggiungerebbe che una parte del mondo astrale. Occorre rinunciare ad ogni Immaginazione. Chi rinuncia, pratica l’abnegazione, ed è questa che fa sorgere come per magia la realtà effettiva del mondo astrale. Nel Devachan si dispone dell’Ispirazione. Anche nel Devachan bisogna distinguere quelle parti di cui l’uomo non può fare l’esperienza passiva, allorquando vi accede dopo la morte. Il Devachan non è stato ancora toccato nella stessa misura dal male, grazie ad alcune circostanze universali. Il mondo astrale comporta una parte terrificante del Kamaloka, ma il Devachan non ha nulla di simile. Non sarà che al livello planetario di Giove e di Venere che esso entrerà in decadenza, per via dell’utilizzazione della magia nera e di pratiche simili. Allora di certo si svilupperà una condizione simile a quella attuale del mondo astrale. Ma nel ciclo evolutivo attuale, nel Devachan le cose si svolgono differentemente. Che cosa incontra l’uomo che si eleva nel cammino della conoscenza, o semplicemente dopo la morte, quando dal mondo astrale va verso il Devachan? Quale esperienza fa nel Devachan? Egli sperimenta la felicità Ciò che partendo dalle sfumature colorate si articola in suoni, rappresenta in ogni caso la felicità. Nel Devachan, allo stadio attuale dell’evoluzione, tutto è creazione, produzione e, quanto alla conoscenza, ascolto spirituale. Ogni produzione è felicità, ogni ascolto dell’armonia delle sfere è felicità. Nel Devachan l’uomo non prova che felicità, pura felicità. E allorquando l’uomo viene condotto nel Devachan, grazie alla raggiunta saggezza spirituale, dai Maestri dell’evoluzione umana, ovvero dai Maestri della Saggezza e dell’Armonia del Sentire, è felicità quella che egli prova. Accade lo stesso per l’uomo semplice che vi accede dopo la morte. È ciò che deve provare l’Iniziato quando raggiunge quel livello nel suo cammino della conoscenza. Ma non gli è consentito di trattenersi nella felicità: è una regola dell’evoluzione universale. Abbandonarsi alla felicità sarebbe una intensificazione tra le piú raffinate dell’egoismo spirituale. L’individualità umana non farebbe che assorbire il calore della felicità, ma il mondo non progredirebbe. In tal modo si formerebbero degli esseri che si indurirebbero nella loro anima. Parimenti, per il bene e per il progresso del mondo, colui che attraverso gli esercizi è pervenuto al Devachan, non deve contentarsi di provarvi, attraverso l’armonia delle sfere, tutte le sfumature della felicità, ma occorre che egli sviluppi in sé dei sentimenti contrari alla felicità. Cosí come l’abnegazione
si oppone alla privazione, il sentimento del sacrificio si oppone alla felicità: un tale sacrificio consiste
nel riversare sul mondo la felicità ricevuta.
Questo sentimento di sacrificio fu proprio di quegli Spiriti divini chiamati Troni, quando parteciparono alla Creazione, quando riversarono la loro sostanza sull’antico Saturno e si sacrificarono per l’umanità in divenire. La sostanza di cui noi siamo attualmente costituiti è la stessa di quella che essi riversarono su Saturno.
A loro volta, gli Spiriti della Saggezza si sacrificarono sull’antico Sole. Quegli Spiriti divini si sono elevati ai mondi superiori, e non hanno fatto l’esperienza passiva della felicità, ma hanno imparato a sacrificarsi nel corso del loro passaggio nel Devachan. Questo sacrificio, lungi dall’impoverirli, li ha al contrario arricchiti. Soltanto un essere che vive interamente nella materia crede che un sacrificio sia un impoverimento.
Al contrario, il sacrificio al servizio dell’evoluzione universale è legato a un progresso, a un arricchimento
dell’evoluzione individuale. Noi vediamo in tal modo l’uomo elevarsi verso l’Immaginazione e l’Ispirazione e penetrare in quella sfera in cui il suo essere si impregna di sfumature sempre rinnovate della felicità, ove percepisce tutto ciò che lo circonda non soltanto come se gli parlasse, ma come se tutt’intorno a lui le sonorità spirituali della felicità venissero inghiottite, assorbite.
Attraverso la trasformazione di tutti i sentimenti che prova, l’uomo accede alle facoltà della conoscenza superiore, e la pratica occulta non consiste in niente altro che nelle regole e nei metodi assegnati dai Maestri della Saggezza e dell’Armonia del Sentire, i quali hanno affrontato le loro prove durante millenni. Questi metodi e regole trasformano il sentimento e la volontà dell’uomo e lo fanno accedere a conoscenze ed esperienze superiori. Trasformando progressivamente i suoi sentimenti e il contenuto della sua volontà in modo occulto, il discepolo acquisisce quelle facoltà superiori. Chi fa parte del movimento della Scienza dello Spirito, non deve essere indifferente alla durata – che sia essa di tre, sei o sette anni – necessaria a una tale acquisizione. Ciò ha un significato. Il discepolo deve vivere interiormente il sentimento che lo collega a questa crescita e deve percepirne chiaramente le regole. Occorre che sia vigile rispetto agli effetti, per non rischiare di sfiorarli soltanto.
Rudolf Steiner
Conferenza tenuta a Berlino il 26.10.1908, O.O. N. 107.
Dal ciclo L’antropologia secondo la Scienza dello Spirito.e