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| Dal punto di vista degli animali - Di Roberta Nastati Medico Veterinario | |
| | Autore | Messaggio |
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Messaggi : 1827 Data d'iscrizione : 02.03.11 Età : 55
| Titolo: Dal punto di vista degli animali - Di Roberta Nastati Medico Veterinario Ven Set 14, 2012 1:01 pm | |
| DAL PUNTO DI VISTA DEGLI ANIMALI Di Roberta Nastati Medico Veterinario
Considerazioni sulla percezione da parte degli animali, di alcune esperienze di vita quotidiana
A volte alcune domande sulla natura sottile degli animali o su certi loro comportamenti trovano difficile risposta. In quest'articolo cerchiamo di portare luce su alcuni di questi aspetti, nella speranza che tali concetti potranno essere spunto per la personale formulazione di nuovi pensieri. Gli argomenti trattati si basano sui testi base di R. Steiner e sullo scritto del medico antroposofo Werner Hartinger "Antroposofia e protezione animale, Uomo e animali fratelli nell'evoluzione".
il sonno e la veglia
Lo stato di allerta, soprattutto dei felini, che mentre dormono riescono a controllare comunque l'ambiente che li circonda per reagire prontamente ad ogni rumore insolito, desta in noi stupore. Esistono delle profonde differenze tra gli stati di coscienza che fanno parte del bioritmo sia degli animali che dell'uomo, parliamo degli stati di coscienza di veglia, sogno e sonno. L'uomo percepisce, da sveglio, solo l'ambiente fisico. In partico-lar modo egli non ha percezione del mondo spirituale. Durante il sonno, invece l'uomo lascia il suo corpo fisico e si immerge nel mondo spirituale, del quale però non avrà ricordo al risveglio. I sogni rappresentano uno stato intermedio di breve durata nel quale si imprimono nella memoria certe impressioni animiche che poi possono essere ricordate. L'animale è in grado di percepire, nel suo stato di veglia, sia l'ambiente fisico che quello animico, in quanto ha uno stato di coscienza per il " f i s i c o " ridotto. In un certo senso è sveglio solo in parte, parte preponderante, mentre l'altra parte è immersa nei mondi spirituali, e pertanto ne conserva il ricordo. Durante la coscienza di sonno l'animale si trova in una situazione invertita: la parte preponderante del suo essere dorme ed è immersa nel mondo spirituale, mentre l'altra parte è attiva sul piano fisico percependo l'ambiente circostante con gli organi di senso. Possiamo quindi vedere come di fatto l'animale abbia sempre una parte legata al piano fisico ed una al piano animico-spirituale per cui ciò che vive sul piano animico (all'interno ed all'esterno dell'animale) può manifestarsi in movimenti e lamenti attraverso il sistema nervoso fino al piano fisico. Nell'animale, quindi, durante il sonno non c'è un totale abbandono del corpo animico dal corpo fisico, come invece avviene per l'uomo, e pertanto gli organi di senso possono continuare a percepire l'ambiente circostante. Da un punto di vista darwiniano ciò ha senso soprattutto se si considera la necessità, in natura, di essere sempre pronti a fuggire da possibili predatori mentre, da un punto di vista scientifico-spirituale, ciò indica la polarità che l'animale ha con l'uomo: uomo e animale si danno come "il cambio" nel fare da "ponte" tra animico e terrestre..
La percezione del dolore
Gli animali hanno una soglia del dolore più alta della nostra, questo significa che devono sentire più male rispetto a quello che causa dolore a noi per manifestare sofferenza. Il dolore però non viene percepito solo nel punto leso, viene bensì somatizzato, viene vissuto in tutto il corpo. A tale proposito Steiner dice: "L'animale non percepisce il dolore e la sofferenza come l'uomo. L'animale a sangue caldo, per esempio, soffre con maggiore intensità poiché non ha il sapere, pensare e volere dell'uomo, che rappresentano un forte antidoto per mantenere i dolori in un equilibrio sopportabile. Perciò le sue sofferenze sono maggiori; inoltre il dolore è percepito da lui non solo nel punto dove gli viene procurato, ma in tutto il corpo. L'incomprensione per questi dolori e le loro cause gli procurano poi una grande paura, che rende ancora più insopportabili tutte le percezioni."
Continua...
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| | | Admin Admin
Messaggi : 1827 Data d'iscrizione : 02.03.11 Età : 55
| Titolo: Re: Dal punto di vista degli animali - Di Roberta Nastati Medico Veterinario Dom Set 16, 2012 10:03 am | |
| Inoltre dall'O.O. 120 "Le manifestazioni del karma" possiamo chiarire anche l'aspetto evolutivo individuale di questi processi: mentre dolore e pene sono per noi uomini un mezzo di conoscenza e perfezionamento, una volta che li abbiamo superati, per gli animali ciò non accade, in quanto essi non hanno una concezione individuale dello spirito, la quale genera le forze che alleviano il dolore. Gli animali non possono quindi vincere coscientemente il dolore come invece può fare l'uomo. Questo è il primo grande debito che abbiamo nei loro confronti: quando li lasciammo indietro nell'evoluzione1, trasferendo a loro le nostre caratteristiche astrali che erano d'ostacolo all'evoluzione, essi mantennero la capacità di sentire il dolore, ma non la possibilità di superarlo coscientemente. L'animale domestico, in questo come in molti altri casi, si rivolgerà con tutto il suo essere al suo "uomo" perché lo supporti in questo momento a lui incomprensibile. L'animale per evolvere deve uscire dall'aspetto specifico ed unilaterale del rapporto con l'Io di gruppo (o Principio Individuale di Specie) a cui appartiene. Per sciogliere quest'aspetto vincolante deve "universalizzarsi", e può raggiungere questo stadio avvicinandosi all'uomo (attraverso l'addomesticamento, che è il primo gradino di una lunga scala), per poter così superare gli aspetti troppo marcati dell'istinto. Compito dell'uomo è dunque "allevare", ossia portare "in alto" gli animali e, tramite essi, anche il loro Io di gruppo. Possiamo a questo punto affermare che l'animale domestico si trova affidato alle mani dell'allevatore: questi può innalzare, accelerare, oppure abbassare e rallentare il processo evolutivo dell'animale (e tramite esso della Specie) affidatogli. Nel caso in cui l'uomo non si dedichi con coscienza a questo lavoro, accade che l'Io di gruppo dell'animale con il quale ha il rap- porto, non riconosce più come positiva l'esperienza che gli perviene tramite l'animale a lui collegato e quindi tende ad allontanarlo dalla vita, questo attraverso malattie sia dirette al singolo o attraverso epidemie o ancora peggio giungendo ad estinguere la specie cui appartiene l'animale in questione infatti ciò che si compie nei confronti di un singolo animale, viene vissuto da tutti gli animali di quella specie in quanto condividono lo stesso Io di gruppo.
L'esperienza della morte
Sappiamo che gli animali non possiedono un Io individualizzato, essi fanno capo ad un Io di gruppo (o Principio Individuale di Specie). Ebbene, al momento della morte, gli animali superiori attraversano una breve esperienza di coscienza individuale. In questo momento la loro anima rivive la conseguenza di tutte le azioni perpetrate durante la vita: ciò comprende le sofferenze, i dolori, la paura provata dalle loro prede, in una sorta di retrospettiva compcnsatrice. Ma prova anche la gioia per l'esperienza individuale sperimentata. Poi l'anima ritorna all'anima di gruppo, riportando il sapere che scaturisce dalle esperienze di vita, anche quelle vissute con l'uomo; con ciò termina la sua esperienza individuale, nonché la sua esistenza fisica, vitale ed animica. È opportuno far presente che il distacco dall'animale amato sarà tanto più doloroso per lui quanto più sono entrate nel rapporto forme egoistiche di affetto. La tristezza che proviamo per la morte di un animale, se non superata, ha effetto sull'anima dell'animale morto che si rattrista e non riesce a progredire nel suo cammino evolutivo. Alla base del rapporto con l'animale dovrebbe sempre esserci un sentimento di gratitudine e gioia per il tratto di vita passato assieme. Dalla sofferenza che proviamo alla morte di una creatura che è stata oggetto del nostro amore, deve nascere l'anelito ad estendere questo amore a tutto il regno animale del creato, come ci insegna S. Francesco nel suo "Cantico delle creature", perché ciò che noi facciamo nei confronti di un singolo animale risuona e viene percepito da tutti gli animali della stessa specie attraverso la loro Anima2 di gruppo. L'animale morente non sente angoscia per il suo destino, la morte fa parte della vita ed è naturale per lui morire. Se però noi riversiamo su di lui il nostro dolore, lui lo percepirà come un motivo per avere paura.
Animali ed Entità del Cristo
L'animale non ha ovviamente il concetto, la conoscenza o la visione del Cristo, bensì esperimenta l'impulso dell'amore cristico disinteressato attraverso la convivenza volontaria con l'uomo. Riporterà poi anche questa esperienza, come le altre vissute, alla sua anima di gruppo e al suo Io di gruppo. Possiamo quindi affermare che il comportamento dell'uomo con cui convive, i suoi atteggiamenti e pensieri, la sua etica verso le altre creature influenzano l'animale e l'evoluzione del suo Io di gruppo. La nostra responsabilità è quindi grande, lavoriamo bene per non tradire la loro fiducia!
Roberta Nastati Medico Veterinario
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1 L'uomo e l'animale provengono da un'origine comune ed hanno, per così dire, risposto in maniera diversa a determinati eventi cosmici nell'epoca evolutiva in cui la Terra era ancora unita alla Luna. L'animale si è come "gettato in avanti" all'uomo in questa condizione di sviluppo ancora prematura che lo ha come "fissato" in uno specifico "gesto" e che non gli ha permesso di raggiungere la coscienza dell'Io individuale ma solamente dell'Io di gruppo manifestantesi con l'istinto. L'uomo invece ha saputo attendere il momento in cui, fuoriuscita la Luna con le sue forze indurenti, gli organismi fossero adatti non solo ad albergare l'astralità, ossia la passionalità, la brama, ma altresì la coscienza dell'Io individualizzata: l'autocoscienza. Gli animali sono pertanto i testimoni di una lunga fase evolutiva che ha preceduto l'apparizione dell'uomo. L'uomo doveva arrivare a conquistare la sua meta individuale: ossia la libertà, attuando a pieno la forza dell'amore, per farlo doveva incontrarsi/scontrarsi con le leggi del piano fisico, ma ha dovuto farlo gradata-mente, facendosi anticipare da quelle "parti" (prima unite al suo essere) che l'avrebbero troppo appesantito per raggiungere la sua meta; ecco così come, per uno strana legge spirituale, ciò che appare dopo (l'uomo materiale) era prima (uomo spirituale).
2 L'animale percepisce attraverso l'anima, ciò che percepisce fluisce nell'anima di gruppo che abbraccia tutti gli animali della stessa specie, viene elaborato e portato all'Io di gruppo. L'Io di gruppo accoglie questo elaborato ed irradia nell'anima di gruppo nuovi impulsi comportamentali che si manifestano attraverso la sfera dell'istinto.
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