VENERDI' SANTO: IL GIUDIZIO DI PILATO
Sono circa le 6 di mattina quando Gesù viene inviato da Anna e Caifa (ed i loro sgherri che continuavano a tormentare atrocemente Gesù) al cospetto di Pilato, governatore della Giudea.
Pensiamo sia noto che Pilato, sostenuto anche dalla comunicazione avuta in sogno dalla moglie, Claudia Procula, non voleva condannare Gesù, in quanto non aveva riconosciuto alcuna colpa in lui. Con una decisione squisitamente politica lo mandò pertanto da Erode, re della Galilea, regione cui apparteneva Nazareth, in quanto Gesù ne era suddito.
Il tetrarca Erode era lo stesso Erode che aveva fatto decapitare Giovanni Battista e attendeva da tempo l'occasione per conoscere Gesù. Anch'egli non voleva condannare Gesù perché era ancora preda del terrore che si era impossessato di lui dopo l'assassinio del Battista.
Anna e Caifa cercavano con tutte le astuzie di strappare a Erode il verdetto di condanna, ma Erode, un po' per il timore di condannare un altro giusto, un po' per compiacere Filato, non li esaudì e rimandò Gesù da Pilato. Così, poco dopo le ore 8, i sommi sacerdoti con i loro sgherri, furono costretti a ritornare da Filato che già aveva assolto Gesù.
Ogni anno, nell'occasione della Pasqua, era consuetudine romana graziare un condannato a morte, così Pilato pensò di porre ai giudei la scelta di liberare Gesù o Barabba, assassino, mago ed altro ancora, che gli ebrei aborrivano. Però la folla, sobillata dai sommi sacerdoti, scelse Barabba gridando a Pilato di crocifiggere Gesù.
Pilato, ancora indeciso, ordinò allora di flagellare, secondo l'uso romano, Gesù; in questo modo si compì il secondo passo della iniziazione cristiana: la flagellazione, che corrisponde all'esser sordi ai colpi del destino, all'assalto delle avversità senza piegarsi. La flagellazione avvenne nel pretorio e durò ben tre quarti d'ora e diverse coppie di carnefici si alternarono data l'estrema violenza con la quale adempirono all'ordine ricevuto.
Terminata la flagellazione tra insulti, strattonamenti ed offese, Gesù venne vestito con un mantello rosso di stoffa grezza, gli fu posta sul capo la corona di spine e gli fu messa in mano una canna, il tutto come caricatura della sua regalità. In questo modo anche il terzo passo dell'iniziazione cristiana, l'incoronazione di spine, ossia il restare fedele ai propri ideali anche se questi sono colpiti e beffeggiati, è compiuto. Quando Gesù venne riportato nel palazzo di Pilato erano le 9 e mezzo e fu allora che Pilato esclamò: Ecce homo! Intendendo con ciò affermare che egli presentava loro l'uomo nel quale non aveva trovato colpa.
Ma la folla, sempre istigata dai sommi sacerdoti e dai farisei, continuava a gridare di crocifiggere Gesù. Pilato era spaventato e non sapeva come uscire dalla situazione in cui si era venuto a trovare. Egli era consapevole del fatto che qualsiasi decisione avesse preso gli avrebbe creato dei problemi, infatti, da un lato la folla - istigata dai sacerdoti - chiedeva la crocifissione di Gesù, ma dall'altro egli aveva promesso a sua moglie che lo avrebbe salvato. Pilato alla fine decise di condannare Gesù, ma lo fece solo per paura che Gesù potesse rendere pubbliche le sue malefatte contro Roma. Gesù infatti era a conoscenza di queste ed aveva comunicato in ispirito allo stesso Pilato. Fu quindi la paura del giudizio dell'imperatore Tiberio che alla fine vinse.
Fu così che Gesù, con il manto rosso, la corona di spine e la canna in mano, fu portato al foro dove lo aspettavano i due ladroni (già precedentemente condannati) e dove Pilato formulò la sentenza di condanna a morte ordinando al contempo che sulla croce fosse posta la scritta INRI.
L'incontro tra Gesù e Pilato è da vedersi come il confronto tra due mondi dove i giudei rappresentano il mondo esteriore e Gesù quello intEriore. Pilato è colui che si muove tra questi due mondi, tra i giudei ed il Gesù, egli ne è il tramite. Vediamo che solamente Pilato parla con i giudei e lo fa quando esce dalla sua dimora, dal Pretorio, mentre parla con Gesù quando vi torna; Gesù infatti non parla con i giudei, non risponde alle loro accuse.
La nostra coscienza si sviluppa solo quando ci confrontiamo con il mondo esteriore: l'esteriorità ci rende coscienti. I giudei sono una moltitudine e rappresentano quindi l'esteriorità, mentre Gesù è solo e rappresenta, in questo caso, la nostra interiorità, l'uomo singolo che con il suo essere è di fronte al mondo.
Come abbiamo detto, Pilato è il tramite tra questi due mondi, lui non può far altro che oscillare tra il dentro ed il fuori della sua dimora, tra il mondo esteriore e il mondo ulteriore. Alla fine Filato lascia Gesù alla sua sorte: la morte interiore, rappresentata dalla flagellazione che avviene dentro la dimora di Pilato (nel cortile interno), cioè all'interno del mondo interiore. Questa morte interiore porta come risultato il riconoscimento "dell 'Ecce Homo ".
Il risultato sarà la individualizzazione dei quattro arti del nostro corpo. Gesù infatti, con i vari aspetti delle sofferenze patite, rende cosciente il suo corpo, il corpo cosmico del prototipo dell'Uomo. Infatti dopo la flagellazione Gesù viene ricoperto con un manto purpureo che aderirà dolorosamente alle ferite della flagellazione e questo simboleggia il corpo fisico delimitato dalla pelle, poi viene incoronato con le spine simbolo dello spazio eterico delimitato dallo zodiaco, viene poi insultato, e questo è il simbolo dell'offesa al corpo astrale ed infine viene schiaffeggiato e questo è il simbolo dell'offesa all’Io, in quanto la guancia rappresenta la coscienza dell'Io.
I soldati vengono spinti dall'ostacolatore luciferico a dare a Gesù la morte interiore mediante la flagellazione, mentre i giudei, spinti dall'ostacolatore arimanico vogliono, dopo la morte interiore, far avvenire anche quella esteriore con la crocifissione. Ma ad entrambe queste azioni di distruzione corrisponde nel Gesù una nuova vita: nuova vita interiore dopo la flagellazione (con la individualizzazione dei quattro corpi) ed una esteriore, dopo la crocifissione, con la resurrezione.
Dalla collana degli studi scientifico spirituali di Enzo Nastati e Suoi collaboratori
Tratto dal lavoro: "Commenti ai Tre Giorni della Passione"