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     Rudolf Steiner - L’antropologia secondo la Scienza dello Spirito - Conferenza tenuta a Berlino il 23.10.1908, O.O. N. 107.

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    MessaggioTitolo: Rudolf Steiner - L’antropologia secondo la Scienza dello Spirito - Conferenza tenuta a Berlino il 23.10.1908, O.O. N. 107.   Rudolf Steiner  - L’antropologia secondo la Scienza dello Spirito - Conferenza tenuta a Berlino il 23.10.1908, O.O. N. 107. Icon_minitimeDom Giu 17, 2012 8:08 am


    Per quel che concerne il mondo fisico esteriore, parliamo di “Storia”. Con l’aiuto di documenti ed informazioni, gettiamo uno sguardo verso i tempi passati della storia dei popoli e dell’umanità. Come sapete, l’utilizzo di molti documenti scoperti di recente ha permesso una retrospettiva risalente a diversi millenni prima di Cristo. Dalle conferenze della Scienza dello Spirito cui avete assistito, avete potuto trarre la conclusione che si può risalire ancora piú lontano nel passato, in un passato illimitato, con l’ausilio di documenti occulti. Noi conosciamo dunque una storia esteriore del mondo fisico esteriore. Quando parliamo di abitudini di vita, di conoscenze e piú in generale delle esperienze dei popoli vissuti nei secoli che ci hanno immediatamente preceduto, quando vogliamo parlare delle loro scoperte e delle loro invenzioni, occorre farlo diversamente da quando vogliamo parlare degli usi, dei costumi e delle conoscenze dei popoli che risalgono a uno o due millenni indietro. E piú risaliamo nel tempo, piú la storia si modifica. Converrebbe forse porsi questa domanda: i termini “Storia” ed “evoluzione storica”, hanno forse significato esclusivamente per il mondo fisico esteriore, dato che solo su questo piano si modificano gli avvenimenti e la loro fisionomia? Oppure il termine storia ha anche un significato per l’altro aspetto dell’esistenza del quale l’uomo fa esperienza tra la morte e una nuova nascita, e come descritto dalla Scienza dello Spirito?
    Innanzitutto da un punto di vista puramente esteriore occorre dire che, da quanto sappiamo, la durata dell’esistenza in quegli altri mondi, in quei mondi sovrasensibili per l’uomo attuale, si tratta di una durata ben piú lunga di quella della vita nel mondo fisico. La parola “Storia” ha dunque anche un significato per quell’altro aspetto dell’esistenza? Oppure dobbiamo credere che negli spazi che l’uomo percorre tra la morte e una nuova nascita tutto resti eternamente immutato, che niente cambi quando risaliamo al XVIII, XVII ecc., fino all’VIII, al VII e VI secolo della nostra èra, e ancora piú lontano, fino ai secoli che hanno preceduto la venuta del Cristo?
    Gli uomini che alla nascita affrontano l’esistenza terrestre, incontrano sulla Terra ad ogni nuova nascita condizioni del tutto differenti. Immaginiamo di essere penetrati nell’anima di un uomo – si tratta in effetti della nostra stessa anima – che è venuta ad incarnarsi nell’antico Egitto o nell’antica Persia. Cerchiamo di rappresentarci in maniera vivente le condizioni incontrate da un uomo che ha scelto di nascere nell’antico Egitto, messo a confronto con le gigantesche piramidi, con gli obelischi e con le condizioni di vita che vi sono state trasmesse. Facciamoci un’idea delle condizioni nelle quali si svolge una tale esistenza, tra la nascita e la morte. Diciamo che quest’uomo muore, che trascorre un certo tempo tra la morte e una nuova nascita e che rinasce verso il VII o l’VIII secolo della nostra èra.
    Mettiamo a confronto le epoche: il mondo che si presentava all’anima nel corso della sua esistenza terrestre, esteriormente, sul piano fisico, era molto differente nelle epoche precedenti la venuta del Cristo. Domandiamoci inoltre: cosa prova l’anima che era apparsa nei primi secoli della nostra èra, e che adesso affronta di nuovo il piano fisico? Essa vi incontra delle istituzioni governative nuove, che non esistevano allora. Fa l’esperienza di tutto l’apporto della nostra civiltà moderna. In breve, è tutta un’altra immagine che si presenta a una tale anima, messa a confronto con quella conosciuta nell’incarnazione precedente. Allorquando noi confrontiamo queste incarnazioni isolate, siamo consapevoli di quanto considerevolmente esse differiscano l’una dall’altra. In tal caso, non siamo forse autorizzati a porci la domanda: che ne è stato delle condizioni di esistenza dell’essere umano tra la morte e una nuova nascita, tra le due incarnazioni? Quando un uomo ha vissuto ai tempi dell’antico Egitto, ed è andato nel Mondo Spirituale dopo la morte, vi ha sperimentato degli eventi, vi ha trovato alcune Entità, in seguito ha affrontato una nuova esistenza fisica, nel corso dei primi secoli dell’èra cristiana, poi è morto ed è ritornato nell’altro mondo, e cosí via… Allora, dopo tutte le esperienze vissute e tutte le prove affrontate, non è forse giusto domandarsi se una “Storia” non si svolga anche nell’altro lato dell’esistenza, se non accada nulla nel corso di quel tempo?
    Sapete bene che quando descriviamo l’esistenza umana tra la morte e una nuova nascita, diamo uno spaccato generale di quella esistenza. Partendo dall’istante della morte, descriviamo in che modo l’uomo, dopo che si è dispiegato davanti alla sua anima il panorama retrospettivo, affronta il tempo che abitualmente definiamo Kamaloka, in cui si libera di tutte le pulsioni, gli attaccamenti e le passioni, in breve di tutto ciò che lo lega ancora al mondo fisico, per poter entrare nel Devachan, nel mondo puramente spirituale. Noi descriviamo quindi ciò che si verifica per l’uomo nel corso del periodo tra la
    morte e una nuova nascita: ciò che si sviluppa nel corso di questa esistenza puramente spirituale, fino al suo ritorno nel mondo fisico. Avete visto che in tutto ciò che descriviamo abbiamo tenuto conto di quanto è in rapporto con la nostra attuale esistenza. È cosí: bisogna avere un determinato punto di partenza quando si comincia a descrivere. Allo stesso modo che una descrizione dell’epoca attuale deve prendere avvio da osservazioni ed esperienze riguardanti il tempo odierno, cosí anche una descrizione riguardante i Mondi Spirituali deve necessariamente partire da ciò che si offre allo sguardo chiaroveggente, in merito alla vita tra la morte e una nuova nascita, cosí come essa si svolge normalmente al presente, quando l’uomo muore e attraverso il Mondo Spirituale va verso una nuova esistenza. Risulta dunque, da un’osservazione occulta approfondita, che per il mondo che l’uomo attraversa tra la morte e una nuova nascita, il termine “Storia” è ugualmente pertinente. Anche in quel mondo si verificano eventi come nel mondo fisico. Allo stesso modo in cui raccontiamo i diversi avvenimenti che si sono succeduti partendo approssimativamente dal IV secolo avanti Cristo e fino alla nostra epoca attuale, dobbiamo constatare una “Storia” per l’altro tempo dell’esistenza. Rendiamoci conto che la vita fra la morte e una nuova nascita all’epoca dell’antico Egitto, dell’antica Persia o dell’India antica, non era identica ad esempio a quella della nostra epoca. Quando nella nostra epoca ci si è fatti un’idea provvisoria della vita del Kamaloka, o di quella del Devachan, occorre intendere quelle descrizioni nel senso di una concezione storica. Allo stesso modo, per vedere le cose chiaramente, quando presenteremo alcuni aspetti della “Storia occulta”, ci atterremo già da ora ad alcuni aspetti spirituali ben precisi della storia occulta.
    Sarà tuttavia necessario, al fine di capirci bene, di risalire fino all’epoca atlantidea, essendo inteso che voi siate sufficientemente informati per sapere di cosa si tratti, allorquando parliamo di tali epoche. Nei tempi in cui si può già parlare di nascita e di morte, come si presentava la vita, se cosí si può dire, nell’Aldilà? Questa è la domanda che ci possiamo porre. La differenza tra la vita nell’Aldilà e quella di quaggiú, era allora ben diversa. Che cosa accadeva all’anima dell’Atlantideo quando moriva? Essa passava ad uno stato in cui si sentiva fondamentalmente protetta nel Mondo Spirituale, in un mondo di individualità spirituali superiori. Sappiamo bene che la vita dell’Atlantideo qui sulla Terra si svolgeva in un modo del tutto diverso dalla nostra vita attuale. L’alternanza attuale tra il sonno e la veglia e l’incoscienza notturna non esistevano, ne abbiamo spesso parlato. Quando l’uomo sprofondava nel sonno, perdendo la nozione delle cose del mondo fisico intorno a lui, entrava in un mondo dello Spirito dove incontrava le Entità spirituali. Cosí come l’uomo si trova qui in compagnia di piante, animali e altri esseri umani, egli vedeva sorgere nella sua coscienza di sogno un mondo di Entità piú o meno elevate, per quanto intenso era il suo sonno. L’uomo si abituava a quel mondo. E quando al momento della morte l’Atlantideo passava nell’Aldilà, quel mondo di Entità spirituali, di avvenimenti spirituali, gli appariva ancora piú luminoso. Con tutta la sua coscienza, l’uomo percepiva quei mondi superiori, quei mondi di Entità e avvenimenti spirituali, come piú familiari per lui dello stesso mondo fisico. E se risaliamo ai primi tempi atlantidei, vediamo gli uomini – e ciò accadeva per tutte le anime – considerare l’esistenza fisica come una visita che si faceva ad un mondo dove si trascorreva qualche tempo, un mondo molto diverso dalla propria vera sua patria, che non andava confusa con la sfera terrestre.
    Ma la vita tra la morte e una nuova nascita all’epoca atlantidea comportava una particolarità di cui l’uomo attuale fatica a farsi un’idea, poiché l’ha completamente perduta. La facoltà di contraddistinguersi come “Io”, di avere coscienza di se stesso, di percepirsi in quanto “Io”, quella facoltà che costituisce l’elemento essenziale dell’uomo attuale, l’Atlantideo la perdeva completamente lasciando il mondo fisico. Quando si elevava al Mondo Spirituale, sia nel sonno sia in misura maggiore nel periodo vissuto fra la morte e una nuova nascita, al posto della coscienza di sé – «Io ho coscienza di me», «Io sono in me» – s’instaurava la consapevolezza: «Io sono sicuro tra le Entità superiori». «Io mi immergo nella vita stessa di queste Entità superiori». Egli aveva l’impressione di essere tutt’uno con le Entità superiori, e questo gli dava nell’Aldilà un sentimento di infinita beatitudine. E quel sentimento di beatitudine aumentava a misura che egli si allontanava dalla coscienza dell’esistenza fisica sensoriale. La felicità suscitata da quell’esistenza nell’Aldilà era tanto piú grande quanto piú lontano si risale nel tempo. È stato detto spesso in cosa consista il senso dell’evoluzione umana nel corso dell’esistenza terrestre. Consiste nel fatto che l’uomo è sempre piú coinvolto nell’esistenza fisica della nostra Terra. Mentre l’uomo dell’epoca atlantidea nella sua coscienza di sonno si sentiva del tutto a proprio agio nell’Aldilà – un mondo che egli avvertiva pieno di chiarore, di luce e di amicizia – la sua coscienza del mondomdi quaggiú aveva un carattere di dormiveglia. Egli non aveva ancora il vero possesso del proprio corpo fisico.mQuando si risvegliava, l’uomo dimenticava, sotto certi aspetti, gli Dei e gli Spiriti con i quali aveva vissuto durante il sonno, ma in pari tempo non sperimentava la coscienza del fisico come accade all’uomo attuale quando si sveglia. Gli oggetti non avevano ancora i contorni ben definiti. Per l’Atlantideo le cose si presentavano nel modo in cui in una sera di nebbia si vedono i lampioni circondati da un alone multicolore. Tutti gli oggetti del mondo fisico avevano quella
    stessa indeterminatezza. La coscienza del mondo fisico stava appenam spuntando. La coscienza intensa dell’“Io sono” non aveva ancora penetrato l’uomo. È solo verso gli ultimi tempi dell’èra atlantidea che si è sviluppata gradualmente la coscienza di sé, la coscienza personale, nella misura in cui l’uomo perdeva l’esperienza di felicità durante il sonno. Poco a poco, l’uomo ha conquistatomil mondo fisico, ha imparato a servirsi sempre meglio dei sensi e parallelamente gli oggetti del mondo fisico hanno acquistato
    contorni sempre piú precisi. Ma nello stesso tempo in cui l’uomo faceva la conquista del mondo fisico, la sua coscienza del Mondo Spirituale si modificava. Ci siamo dedicati allo studio delle diverse epoche post-atlantidee. Abbiamo esaminato le civiltà dell’antica India. Abbiamo visto che l’uomo di allora aveva conquistato il mondo esteriore al punto da sentirlo come maya, come illusione, conservando la nostalgia degli spazi dell’antico mondo spirituale. Nel corso della civiltà dell’antica Persia, abbiamo esaminato la conquista del piano fisico raggiungere un punto in cui l’uomo cercava – con l’aiuto della potenza benigna di Ohrmuzd – di trasformare le forze del mondo fisico. In seguito, nell’epoca egizio-caldaico-assiro babilonese, gli uomini svilupparono l’agricoltura, che doveva condurre al lavoro della terra, e inoltre scoprirono, per mezzo dell’astronomia, i mezzi per progredire nella conquista del mondo esteriore. Infine, abbiamo visto la civiltà greco-latina fare un altro passo, con la Grecia che realizzava quella bella unione tra l’uomo e il mondo fisico per mezzo della costituzione della città e dell’arte greca. Nel corso di questa quarta epoca, abbiamo visto manifestarsi per la prima volta l’elemento personale nell’antico
    diritto romano. Mentre l’uomo si era sentito fino ad allora inserito in un insieme, ultimo riflesso di Entità spirituali del passato, il Romano si sentiva innanzitutto cittadino della Terra. Il concetto di cittadino era nato.

    Tratto da:L’antropologia secondo la Scienza dello Spirito di Rudolf Steiner- Conferenza tenuta a Berlino il 23.10.1908 - O.O n .107.

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